21 marzo 2016 17:42

A chi sostiene che per limitare la libertà di ricerca servono motivi forti e razionali, spesso si risponde in modo debole e irrazionale. “Non vorrete mica l’anarchia?”. “Non si può fare tutto quello che tecnicamente è possibile”. “Non giocate a fare dio!”.

Ogni caso particolare è poi caratterizzato da ulteriori obiezioni, quasi sempre incapaci di dimostrare che esista una ragione valida per i divieti. Limitare la ricerca non è solo una teorica e particolare violazione della libertà, ma comporta seri danni.

Ecco due esempi degli ultimi giorni.

Alla fine di febbraio va in onda una puntata del programma tv Presa diretta sugli organismi geneticamente modificati, Chi ha paura degli ogm?

I malumori suscitati sono i soliti di quando si vanno a smuovere pregiudizi e paure ingiustificabili. Elena Cattaneo, senatrice e scienziata, ha raccolto la bibliografia principale degli ultimi anni di ricerche sulla sicurezza alimentare e ambientale degli organismi geneticamente modificati. All’inizio di marzo ha inviato il dossier a tutti i parlamentari, invitandoli a esprimere dubbi o a confutare in parte o in tutto quello che era stato raccolto. Cattaneo citava anche la puntata di Presa diretta con particolare riferimento alla ricerca pubblica.

Il dossier è di oltre 1.500 pagine, ed è comprensibile che si preferisca rispondere senza nemmeno averlo letto.

Le obiezioni inviate a Cattaneo sono abbastanza surreali. La loro pubblicazione è a tutti gli effetti un servizio pubblico.

Al di là della questione specifica, infatti, le questioni importanti riguardano i modi in cui si dovrebbe discutere di ricerca – soprattutto pubblica – e le conseguenze dei divieti ingiustificati.

In una replica alle obiezioni ricevute, Cattaneo risponde “allegando relativa documentazione (la scienza, come dovrebbe sapere, si fa con i dati, non bastano le parole)”. In assenza di dati, vietare la ricerca pubblica è insensato e pericoloso. Gli esempi possono essere molti ma gli effetti sono sempre gli stessi.

Ecco di cosa trattava Presa diretta: di ricerca pubblica in campo aperto sulle nostre piante, con ogni tecnologia. Perché in una società liberaldemocratica – che non può essere come l’Unione Sovietica di Stalin e Lyssenko, dove agli scienziati veniva dettato cosa dovevano o non dovevano fare e se usavano la genetica occidentale erano imprigionati e uccisi – sarà sempre il ‘libero studioso’ (e ce ne sarà sempre almeno uno) a farle presente che non è compito del legislatore stabilire quale debba essere la strategia più promettente per raggiungere gli obiettivi prefissi (questi sì proprio del decisore politico) di salvare o reintegrare la biodiversità persa. Si chiama ‘libertà di ricerca’ (e dai condizionamenti), che non è molto diversa dalla libertà d’espressione.

L’ostinazione con cui si scambia l’irragionevolezza per razionalità è preoccupante. La politica sceglie e vieta e si disinteressa dei paradossi, come il dichiararsi ogm free e allo stesso tempo importarli (per esempio sotto forma di mangimi) o prediligere bizzarre pratiche agricole (biodinamica, la punta di diamante del biologico) che prevedono corni di vacca riempiti di letame e sotterrati durante la luna piena o vesciche di cervi riempiti di fiori. Topi scuoiati e canti propiziatori.

Sulla biodiversità – parola magica dei difensori del naturale a chilometro zero – vale la pena di leggere la risposta di Cattaneo per intero (in particolare le pagine 2 e 3).

In un’altra lettera, inviata a sei parlamentari, Cattaneo nomina anche l’assurda vicenda di Giorgio Fidenato, agricoltore friulano, e altre reazioni pavloviane alla parola “ogm”, sinonimo dei più atroci e allucinatori pericoli.

Domani la corte costituzionale esaminerà il divieto di sperimentazione embrionale stabilito dalla legge 40 sulla procreazione assistita ormai 12 anni fa. La legge 40, piena di divieti inammissibili, è già costata moltissimo e l’articolo 13 è uno degli ultimi a essere sottoposto a giudizio e, si spera, a cadere.

Secondo gli avvocati e l’associazione Vox, “la tutela delle blastocisti/embrioni residuati a cicli di procreazione medicalmente assistita, che non sono idonei per una gravidanza e sono quindi destinati a perire senza destinazione nei crioconservatori, non trova fondamento normativo e non può limitare l’accesso ai benefici della ricerca per i cittadini italiani che invece godono di tutele costituzionali”.

E se qualcun altro ottiene risultati ricorrendo a quanto qui è vietato, dobbiamo usarli o rigettarli?

Secondo gli scienziati, la ricerca sulle staminali embrionali è importantissima e limitare la ricerca (adulte sì, embrionali no) non ha alcun senso. Inoltre, a essere destinati alla sperimentazione sarebbero embrioni non idonei all’impianto e che andrebbero comunque distrutti.

Cosa rimane a fondamento del divieto? Pregiudizi, credenze irrazionali, convinzioni animiste. Legittime se personali, ma non abbastanza forti da sostenere una legge coercitiva.

Vietare non è solo un esercizio teoricamente e moralmente oppressivo. Le conseguenze possono essere fattualmente e commercialmente disastrose.

Un paese con una normativa assurdamente restrittiva sarà meno competitivo. E pure ipocrita.

È vietato fare ricerca sugli embrioni? Li importiamo.

Ci dichiariamo fieramente contrari agli ogm? Li mangiamo senza saperlo o facendo finta di non saperlo.

E se qualcun altro ottiene risultati terapeutici o agricoli ricorrendo a quanto qui è vietato, dobbiamo usarli o rigettarli? Cioè saremo coerenti oppure approfitteremo dei risultati lasciando fare agli altri il lavoro sporco?

E chi è autore di quei divieti, dovrebbe essere considerato in qualche modo responsabile?

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