07 ottobre 2010 00:00

I premi di fotografia sono tanti, molto diversi tra loro, rivolti a professionisti e ad amatori. Spesso, in tempi in cui l’immaginazione è in panne, hanno la funzione di semplici operazioni di marketing o, nei casi peggiori (veramente troppo numerosi), non fanno altro che perpetuare una tradizione nata nell’ottocento, con un genere di fotografie che volevano imporsi a ogni costo scimmiottando le grandi esposizioni delle belle arti.

Fortunatamente, però, ci sono dei premi fotografici molto interessanti e addirittura necessari.

Come GD4PhotoArt (a Bologna fino al 2 novembre), che dal 2008 permette a giovani fotografi di sviluppare dei progetti su una tematica a lungo tempo ignorata e oggi sempre più studiata e valorizzata: quella della “fotografia industriale”, cioè dell’immagine dell’industrializzazione.

Questo genere di fotografia “applicata” ha fornito dei capolavori assoluti oltre a costituire una memoria unica del lavoro e delle strutture all’interno delle quali si svolge. Il premio permette inoltre agli artisti di proporre percorsi interessanti e originali.

Si pensi alla rappresentazione del corpo femminile durante le ore di lavoro di Olivier Gay o ai desolati paesaggi siberiani di Justin Jim o alle distese ghiacciate dell’isola di Svalbard riprese da Niels Stromp.

Tutto questo dimostra che oggi, su un determinato tema, la riflessione è più importante della descrizione.

Internazionale, numero 867, 8 ottobre 2010

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