23 gennaio 2013 16:00

I musei, le gallerie d’arte e le altre istituzioni artistiche annunciano le loro iniziative e i loro programmi con un anticipo sempre maggiore. È logico: una delle cose che funziona meglio sono le coproduzioni di mostre la cui organizzazione richiede spesso anni di lavoro e che poi rimangono in giro per molto tempo. È uno dei tanti effetti della crisi economica, che ha portato molti paesi a ridurre la spesa per gli eventi culturali (un discorso che non vale per la Cina e per gli Stati Uniti, che invece hanno aumentato notevolmente la spesa per la cultura). Una tendenza desolante, i cui effetti si faranno sentire soprattutto in futuro.

Un altro effetto della crisi è la generale diminuzione del numero delle mostre, che costano sempre di più. È naturale che ci si lamenti, anche se, guardando con attenzione a queste trasformazioni, potremmo scoprire delle opportunità. La riduzione del numero degli eventi potrebbe tradursi in un innalzamento della loro qualità: meglio poche mostre di qualità che tanti eventi mediocri.

Meglio mettere da parte i grandi nomi, troppo costosi, e concentrarsi su ricerca e sperimentazione. Purtroppo però non è sempre così, soprattutto se si continua a parlare di “consumo” culturale e se si guarda sempre di più al successo commerciale delle mostre. Ma visto che siamo all’inizio dell’anno, forse possiamo permetterci un po’ di ottimismo.

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