30 marzo 2021 13:18

Il disco d’esordio di Madame parte bene. Il suono di Istinto e Voce la rende seducente, riconoscibile ma non scontata. Sono canzoni in cui, anche se con una grammatica e un impianto stilistico diversi, Madame fa venire fuori quel modo serio, giovane e spietatamente sentimentale che aveva Carmen Consoli ai tempi di Quello che sento.

A seguire arrivano invece quattro duetti scelti per affinità e interesse (con Fabri Fibra, Rkomi & Carl Brave, i Pinguini Tattici Nucleari e Gué Pequeno), che tuttavia fanno sentire la mancanza di lei, di quello che sa fare: tranne Nuda feat. Ernia e forse Tutti muoiono con Blanco, le collaborazioni suscitano la voglia di dire agli altri di sgomberare il campo. Visto che si tratta di otto featuring su sedici tracce, l’esordio di Madame appare limitato rispetto alle aspettative incendiarie che aveva innescato.

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E infatti quando arriva Clito si capisce che la cantante lavora meglio in autarchia, quando crea e definisce i contorni del suo mondo fatto da relazioni asimmetriche, in cui pretende dichiarazioni sentimentali più generose di quelle che concede e il piacere che racconta è intenso quanto nauseante.

Poi c’è l’esaltazione di Amiconi, il freestyle in cui dimostra che può diventare una vera artista della lingua se riprende gli accenti sbagliati di Sciccherie e l’incoscienza che aveva Tedua agli esordi per spingere sulle doti plastiche dell’italiano, riflettendo l’impulso della sua generazione di trovare un nuovo vocabolario. In Istinto dice “Ma io non vivo più per dare le cose agli altri”: infatti quando non le dà, la sua voce vive al meglio.

Questo articolo è uscito sul numero 1402 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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