23 maggio 2015 15:18

“La maggioranza degli irlandesi crede ancora in Dio, ma ha perso la fede nella chiesa cattolica”. È così che il mensile statunitense The Atlantic interpreta la vittoria dei sì nel referendum sul matrimonio tra persone dello stesso sesso che si è svolto ieri in Irlanda.

Nel 1993, quando l’omosessualità era ancora un reato, solo il 34 per cento degli irlandesi riteneva che andasse depenalizzata. E oggi, diventando il primo paese a istituire i matrimoni omosessuali per via referendaria, l’Irlanda sembra aver di nuovo dimostrato la specificità del suo percorso sui temi etici rispetto al resto dell’Europa.

Oltre all’evidente spinta al riconoscimento dei diritti lgbt che si è registrata in tutti gli altri paesi occidentali negli ultimi anni, secondo The Atlantic in Irlanda ha agito anche uno specifico sentimento cattolico di sostegno verso la famiglia, di accoglienza dei più deboli e di senso di comunità, che ha spianato la strada all’estensione dei diritti matrimoniali alle persone omosessuali:

Decenni di scandali all’interno della chiesa irlandese hanno creato una distanza tutta particolare tra l’autorità della chiesa e i suoi ideali, ed è proprio in questo vuoto che hanno trovato spazio le nuove interpretazioni. La versione irlandese dei diritti lgbt non ha nulla di radicale, perché poggia ancora sul principio della famiglia alla base della morale e dell’ordine sociale. Con la novità però che la nozione di famiglia viene ora estesa per includere diversi tipi di esperienza umana.

L’Irlanda, quindi, potrebbe aver indicato una via di uscita a una chiesa cattolica arenata in un vicolo cieco etico che la allontana ulteriormente dai suoi fedeli e crea una profonda contraddizione al suo interno.

Accanto alle celebrazioni per la vittoria dei diritti civili, però, c’è anche chi mette in guardia dal precedente segnato dall’Irlanda a prescindere dal risultato. Il Guardian fa notare che i diritti delle minoranze non sono merce da referendum, ma piuttosto prerogativa dei parlamenti e dei tribunali: “I diritti individuali non sono soggetti al voto e l’idea che la maggioranza possa legittimare i diritti di una minoranza è assolutamente sbagliata”.

Cosa sarebbe successo negli Stati Uniti, si chiede il columnist Saeed Kamali Dehghan, se negli anni sessanta l’abolizione del divieto di matrimonio tra bianchi e neri fosse stata affidata a una consultazione popolare? “Il referendum irlandese segna un precedente per altre nazioni dove l’opinione pubblica potrebbe non essere così tollerante”.

L’introduzione del matrimonio egualitario in Irlanda ha infine l’effetto di rendere ancora più grave il ritardo dei due ultimi paesi occidentali che non contemplano ancora nessun riconoscimento delle coppie dello stesso sesso: la Grecia e l’Italia.

Dopo le elezioni di fine gennaio, il ministro della giustizia greco Nikolaos Paraskevopoulos ha annunciato di voler estendere alle coppie omosessuali l’istituto delle coppie di fatto già in vigore per i conviventi etero.

Il governo di Matteo Renzi ha invece programmi più ambiziosi, con un progetto di legge sulle unioni civili che porterebbe l’Italia allo stesso livello di paesi come la Germania o la Svizzera. Nei giorni scorsi il cosiddetto disegno di legge Cirinnà, dal nome della senatrice che ne è relatrice, ha incassato circa quattromila proposte di emendamento presentate da esponenti dell’area cattolica e conservatrice.

Si spera che questa tecnica di rallentamento non allunghi troppo i tempi in un paese che i sondaggi danno ormai a favore del riconoscimento delle unioni gay e non gli faccia guadagnare l’ingrato titolo di “ultimo paese occidentale senza nessun diritto per le coppie omosessuali”.

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