10 novembre 2017 14:08

Mio nipote di tre anni piange quando vede il vicino, che è nero. E se i bambini fossero istintivamente razzisti? –Carlo

Vivevamo nel Regno Unito da qualche mese quando mia figlia, di ritorno da scuola, mi ha chiesto di parlarmi in privato: “Papà, è razzista dire che qualcuno è indiano?”. Sono rimasto sorpreso: “Direi di no, forse se si tratta di nativi americani”. “No, no”, mi ha interrotto lei, “proprio indiani. Perché oggi l’ho detto a una bambina che viene dall’India e lei mi ha dato della razzista”. Continuavo a non capire e le ho chiesto di spiegarmi meglio: “A ricreazione stavamo giocando a nascondino e a un certo punto io ho gridato: ‘Presto, prendete l’indiana!’. E lei si è offesa”.

Ora era tutto chiaro. Le ho spiegato che il problema non era la parola “indiana”, ma usare la nazionalità o l’etnia di una persona per definirla: “Se ti chiedono se sei italiana non c’è nulla di male, ma se ti chiamano ‘l’italiana’ invece che con il tuo nome non è gentile”. Non è importante sapere se i bambini siano istintivamente razzisti: quello che conta è che i bambini sono naturalmente intelligenti e basta davvero poco per fargli capire concetti fondamentali.

Me ne sono accorto nei giorni scorsi quando mia figlia, parlando della nuova scuola che frequenta da quando siamo rientrati in Italia, mi ha parlato di una certa Sidney: “È italiana?”, le ho chiesto. “Sì, è italiana di origini indiane”, mi ha risposto lei, dimostrando di aver raggiunto una consapevolezza che ancora sfugge a molti esponenti del nostro parlamento.

Questa rubrica è stata pubblicata il 10 novembre 2017 a pagina 14 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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