21 gennaio 2021 13:34

Quando è andato in onda per la prima volta negli Stati Uniti, nel 2009, il programma televisivo RuPaul’s drag race era decisamente all’avanguardia: spiccando tra la moltitudine di talent show che affollava l’etere, la gara tra drag queen ideata e condotta da RuPaul riusciva a trascinare il grande pubblico in un mondo sommerso fatto di lustrini, parrucche e diritti civili. Per molti spettatori, specialmente quelli eterosessuali, l’esperienza di familiarizzare e perfino affezionarsi a concorrenti maschi che ostentavano caratteristiche molto femminili è stato un esercizio di apertura mentale notevole.

Il grande successo del programma, premiato da numerosi riconoscimenti e ascolti in perenne aumento di edizione in edizione, ha dimostrato la sua capacità di rendere mainstream un fenomeno di nicchia. E di riuscire ancora oggi a spostare l’asticella: nella tredicesima stagione, appena cominciata, c’è un concorrente transessuale gay drag queen. Una definizione che potrebbe far girare la testa ai meno preparati e che, in modo un po’ rozzo, potrebbe essere scomposta così: una persona nata donna, che poi ha capito di essere un uomo, che è attratta dagli uomini e che per esibirsi si traveste da donna. Il cerchio si è chiuso, ho pensato, siamo arrivati nel futuro. Ma quando ho raccontato la vicenda a mia figlia di tredici anni, lei ha commentato: “Va bene ma alla fine è solo una persona che si veste come vuole, cosa c’è di tanto rivoluzionario?”. La sua risposta mi ha fatto invecchiare improvvisamente di cento anni.

Per la generazione Z, quelli nati dalla fine degli anni novanta in poi, la nostra fissazione per le etichette sa di stantio. Non importa quanto le definizioni della sessualità siano diventate sofisticate (vedi transessuale gay drag queen), per chi ha meno di vent’anni è proprio l’idea stessa di definizione che non funziona. E mentre noi ci emozioniamo per Drag race, un X Factor con la parrucca, loro stanno spostando l’asticella metri e metri più in alto su TikTok, l’app che permette di creare e pubblicare brevi video popolarissima tra i giovani.

Dietro la scelta di un ragazzo di presentarsi in abiti femminili non c’è necessariamente una volontà di rivalsa

Prendiamo il fenomeno dei femboy: nonostante sia un termine che circola online da un paio di decenni, di recente questa parola ha cominciato a essere utilizzata da adolescenti maschi per ridefinire la loro idea di mascolinità su TikTok. Basta digitare #femboy sulla piattaforma social per imbattersi in migliaia di ragazzi – etero o gay, con sessualità binaria e non – che ostentano con spontanea fierezza minigonne, top attillati e smalto alle unghie. Il diciassettenne Seth Williams, con il suo profilo @thatsusboi, è generalmente considerato il precursore di questa tendenza, da quando lo scorso giugno un video in cui indossava una gonnellina da tennis multicolore ha accumulato oltre un milione di visualizzazioni.

Con il passare del tempo l’hashtag #femboyfriday, con cui Seth aveva accompagnato il post, è diventato un popolarissimo tema settimanale su TikTok, con oltre 150 milioni di visualizzazioni. Si potrebbe avere il dubbio che femboy non sia altro che l’ennesima etichetta che si aggiunge alle nostre vecchie definizioni, ma c’è una differenza fondamentale: non si riferisce a un’identità di genere o a un orientamento sessuale, ma a una forma di espressione in cui si ritrovano giovani con caratteristiche e background molto diversi, accomunati solo dal fatto di volersi emancipare da un modello di mascolinità che considerano troppo rigido e limitato. “Femboy era l’insulto con cui in passato venivo apostrofato spesso”, ha spiegato Seth in una storia di Instagram. “E io ho deciso di appropriarmene per privarlo del suo senso negativo”.

Ma dietro la scelta di un ragazzo di presentarsi in abiti femminili non c’è necessariamente una volontà di rivalsa. Judd Anderson è un diciottenne britannico eterosessuale che ha cominciato a indossare abbigliamento da donna partendo da un interesse per la musica grunge degli anni novanta: “Durante il lockdown mi sono appassionato ai Nirvana e mi ha colpito il fatto che Kurt Cobain si esibisse con gonne e vestiti a fiori”, ha raccontato all’Evening Standard. “Allora sono andato a comprarmi una gonna anch’io e, appena l’ho messa, mi è piaciuto un sacco come mi stava”. E a quanto pare non piaceva solo a lui: da maggio il video in cui ha indossato per la prima volta quella minigonna leopardata ha ottenuto oltre due milioni di visualizzazioni. Anche se Anderson non si considera un femboy, dice di non avere problemi se la gente lo chiama così. Come al solito l’etichetta è irrilevante.

Nel frattempo la tendenza sta già uscendo dai confini della fabbrica social di TikTok per contagiare il mondo dello spettacolo: ovviamente giocare con l’ambiguità tra maschile e femminile non è una novità – basta ricordare David Bowie – ma lo spirito che anima i cantanti di oggi, più che alla provocazione, sembra puntare a una silenziosa conquista. Harry Styles, ex cantante dei One Direction e idolo di milioni di giovani, da quando ha intrapreso la sua carriera solista ha inserito nel suo guardaroba capi e accessori femminili, culminando poi a dicembre nella copertina dell’edizione americana di Vogue, su cui il ragazzo è ritratto in un elegante vestito da sera. “Una volta che ti sbarazzi dell’idea che ci siano abiti da maschio e abiti da femmina”, ha spiegato la popstar nell’intervista, “ti rendi conto di poter giocare in un campo molto più ampio”. Rispetto alle drag queen di RuPaul, la cui estetica si rifà a un modello di donna iper stereotipato e al limite del caricaturale, l’immagine di Harry Styles che indossa con nonchalance un abito di Gucci è ancora più dirompente.

Fuori dagli schemi
Oltre ai femboy, però, c’è un altro fronte su cui gli utenti di TikTok stanno corrodendo la mascolinità tossica che pervade i modelli correnti. “Su TikTok sono tutti gay”, è il titolo del reportage in cui qualche settimana fa il New York Times raccontava che sempre più ragazzi etero postano video in cui flirtano con altri ragazzi.

Tra questi c’è Connor Robinson, star diciassettenne di TikTok dal ciuffo ribelle e addominali scolpiti, che si è costruito un folto seguito di adolescenti a suon di balletti a torso nudo. Tempo fa Connor ha pubblicato un filmato di otto secondi girato in un hotel di Londra in cui lui e un amico si strusciano appoggiandosi a un muro, come se stessero per baciarsi. Nessuno, massa di fan comprese, ha messo in dubbio il suo orientamento sessuale; Connor ha semplicemente scoperto che le effusioni tra maschi fanno aumentare considerevolmente il traffico sul suo profilo. Da quando l’ha postato, all’inizio del 2020, il suo video nella stanza di albergo ha totalizzato 2,2 milioni di visualizzazioni e 35mila commenti, molti dei quali emoji di cuori o fiamme lasciati da ragazze. E questo l’ha spinto nei mesi seguenti a postare di tanto in tanto altri video che alludono a situazioni omoerotiche. “Le ragazze sono attratte dall’idea di vedere due bei tipi che si piacciono”, ha spiegato al New York Times, aggiungendo che il pubblico gay e bisessuale è comunque benvenuto.

Da quel momento TikTok ha cominciato a riempirsi di giovani a torso nudo abbracciati, amici che dormono insieme o anche dichiarazioni di mutua attrazione tra maschi con frasi tipo “sei bellissimo”. In alcuni casi l’atmosfera è quella goliardica di uno scherzo tra adolescenti, ma altre volte la tensione sessuale è palpabile. E comunque c’è spesso una certa dose di romanticismo.

“Gli uomini etero hanno sempre trovato eccitanti due donne che flirtano tra loro”, spiega Ercan Boyraz, responsabile per gli influencer dell’agenzia di marketing londinese Yoke Network. “Ora le ragazze stanno semplicemente facendo la stessa cosa”. In un certo senso è una forma di pari opportunità dell’oggettivizzazione.

Il fatto che oggi gli adolescenti maschi mostrino meno reticenza ad adottare comportamenti associabili all’omosessualità è indubbiamente una conquista, ma nella comunità lbgt qualcuno ritiene che questa tendenza rappresenti una forma di sfruttamento dell’immaginario gay che alla fine non servirà davvero a cambiare le cose. Questo aneddoto mi ha ricordato di una conversazione che ho avuto negli anni novanta negli Stati Uniti. “Adesso qui va tantissimo di moda essere neri”, mi aveva detto un amico di Atlanta. All’epoca non avevo capito bene cosa intendesse ma negli anni seguenti, vedendo persone bianche pubblicare musica rap, farsi le treccine ai capelli e portare i pantaloni a vita bassissima, mi è diventato chiaro a cosa si riferisse. E ho constatato che, anche se “va di moda essere neri”, il razzismo è tutt’altro che scomparso.

In questo senso, chi critica l’atteggiamento pseudo-omosessuale dei giovani TikToker teme una sorta di appropriazione culturale che non necessariamente segnerà un effettivo progresso nei diritti e nel rispetto delle persone lgbt.

Ma altri sostengono che la svolta filo-gay degli influencer in realtà non riguardi strettamente l’omosessualità ma piuttosto il bisogno di emancipazione emotiva degli uomini etero, da sempre fortemente limitati nella possibilità di esternare l’affetto reciproco. “Nella nostra generazione siamo tutti fluidi e quindi i maschi ora hanno meno problemi ad avere contatti fisici e mostrarsi affetto”, ha spiegato al New York Times il sedicenne Foster Van Lear. “Sembrerebbe proprio ridicolo avere qualche problema al riguardo”. Ci sarebbe quindi anche una componente di ribellione generazionale: Mark McCormack, sociologo dell’università di Roehampton di Londra specializzato nel comportamento sessuale degli uomini, pensa che il vero obiettivo di questi ragazzi sia provocare chi si sente destabilizzato dal loro comportamento. In altre parole, fingersi gay sarebbe un atto di anticonformismo per differenziarsi dalla generazione dei loro genitori. In ogni caso è evidente che questa tendenza toglie pressione da tanti giovani omosessuali che popolano i social network. “Io mi fingevo etero per sentirmi figo, oggi gli etero si fingono gay per sentirsi fighi”, commenta divertito lo YouTuber canadese Nick Toteda. “E il fatto che siano pure bellocci certo non guasta”.

Nel frattempo ieri sera mia figlia mi ha chiesto: “Papà, tu che ne pensi di questa cosa dei ragazzi che si mettono la gonna su TikTok?”. “Ah, il fenomeno dei femboy intendi? Penso sia una figata”, ho risposto prontamente io, illudendomi per un attimo di poter colmare l’infinita distanza tra la mia e la sua generazione in fatto di identità ed espressione di genere.

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