28 settembre 2020 13:04

La cantante e musicista Nona Hendryx nel 1989 ha già cambiato pelle un centinaio di volte. È diventata famosa tra gli anni sessanta e settanta come parte del trio funk-soul Labelle (quelle di Lady marmalade) e ha già avuto una serie di collaborazioni coraggiose che l’hanno resa una figura interessante ma difficilmente catalogabile nell’ortodossia soul e rhythm’n’blues. Un solo esempio: la disco ibridata con elettronica e new wave di Bustin’ out, prodotta dai Material di Bill Laswell. È appena il 1980 e Nona Hendryx è già anni luce avanti rispetto all’attardata scena disco-funk di quell’epoca.

Dopo una serie di album di medio successo, sempre pericolosamente in bilico tra funk e rock, Nona Hendryx cambia direzione e nel 1989, insieme a Peter Bauman dei Tangerine Dream, produce Skindiver, un album tra soul, ambient e new age che ancora oggi galleggia in uno spazio senza tempo. La voce di Hendryx, adagiata su un morbido tappeto di percussioni afro-indiane, chitarre ed elettronica, canta canzoni che parlano di reincarnazione, di identità negate, di falsa felicità e di divoranti passioni. Women who fly, per esempio, è una fantasia di liberazione: le donne che sanno volare non devono essere dure come rocce o tese come la pelle di un tamburo, le donne che volano scavalcano le montagne.

Skindiver ha avuto critiche discrete, ma è stato un disastro dal punto di vista commerciale. Era un album troppo inclassificabile per il mercato musicale ancora fortemente segregato di quegli anni: era troppo orientato sull’elettronica e sul krautrock per essere considerato funk ed era troppo nero per essere visto come art-rock o ambient.

Eppure è uno di quei preziosi dischi dimenticati che raccontano una storia sotterranea della musica afroamericana, che è molto più contaminata, ibrida e mutante di quanto normalmente piaccia credere.

Skindiver non è disponibile per intero sulle maggiori piattaforme di streaming.

Nona Hendryx
Skindiver
Private Music/BMG, 1989

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