19 aprile 2021 13:08

“Il nostro appartamento di via Moscati a Milano era sempre pieno di musica. Non ricordo bene come è andata, quello che so è che a un certo punto ho attaccato la beatlemania a mia madre. Ricordo soprattutto quanto fossi segretamente orgogliosa di avere una mamma che apprezzasse così profondamente la mia musica. Quindi sì, sono stata io a far conoscere i Beatles a mia madre”. A parlare è Cristina Berio, figlia del compositore d’avanguardia Luciano Berio (1925-2003) e della cantante e compositrice statunitense Cathy Berberian (1925-1983).

A casa Berio si ascoltava qualsiasi tipo di musica, ricorda Cristina, da Stravinskij a Bach, da West side story a Peggy Lee. Ma la musica pop del momento la portava lei, la teenager della famiglia, che come tutti i coetanei era pazza per i Beatles. Era il 1966 e Cathy Berberian, interprete eclettica che spaziava da Monteverdi a John Cage, cominciava a canticchiare i Beatles insieme alla figlia: Ticket to ride, Yesterday e A hard day’s night. Alcune di queste canzoni, riarrangiate dal compositore olandese Louis Andriessen, sono entrate nel suo repertorio, come bis alla fine dei suoi recital. Introducendo A ticket to ride al pubblico decisamente intellettuale del festival di Avignone del 1975, Berberian spiegò cosa aveva in mente: “Canto i Beatles perché amo le loro canzoni e perché è musica contemporanea. Nel 1966, quando li ho scoperti, noi vecchi li consideravamo musica sovversiva e l’idea di riarrangiarli in chiave barocca all’inizio è stato un modo per far piacere i Beatles ai genitori. E ha funzionato. Con il tempo è diventata una missione: attraverso i Beatles mi sono ricollegata a un’epoca, tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo, in cui la musica poteva anche divertire, essere uno scherzo. Ora la ascoltiamo nelle sale da concerto con la mano sulla fronte, con l’aria seriosa: ma la musica è sempre stata anche risata, puro divertimento. Per questo ora vi canterò Ticket to ride come avrebbe potuto cantarla una cantante di oratori haendeliani della provincia inglese”.

Nel dicembre del 1966 Cathy Berberian firmò un contratto con l’etichetta Fontana (e con Gérard Tournier, discografico francese dei Beatles) e registrò a Parigi un album live in studio con una serie di arrangiamenti per quartetto d’archi dei Beatles. Le registrazioni erano piuttosto improvvisate e non si conoscono i nomi dei musicisti che l’accompagnavano, con l’eccezione di Paul Boyer (arrangiatore) e Guy Boyer (clavicembalo e organo). L’album è uscito nel 1967 con il titolo di Beatles arias nel Regno Unito, in Francia e in Germania, e di Revolution negli Stati Uniti (con una memorabile copertina-collage che ricordava quella di Revolver).

L’atmosfera neobarocca del disco, che raccoglie pezzi come Help!, Yesterday, Girl e Eleanor Rigby, è giocosa ed evoca molto più Carnaby street che una sala da concerto. Ma non è certo una cosa casuale: Berberian faceva parte di un gruppo d’intellettuali sparpagliati tra Milano, Parigi e New York che prestavano grande attenzione alla cultura pop e la frequentavano con sincera adesione e senza troppi snobismi. Erano gli anni della Factory di Andy Warhol, del nouveau réalisme francese e della pop art britannica. Ed erano anche, in Italia, gli anni della rivista Linus e della scoperta del fumetto come forma d’espressione profondamente contemporanea. La stessa Berberian dedicò una sua composizione, Stripsody, alle onomatopee dei fumetti e collaborò con Umberto Eco alla traduzione delle strisce di Jules Feiffer.

Beatles arias dunque non è solo uno scherzo, un colto divertissement, ma è il documento di un’epoca vitale e curiosa in cui cultura alta e cultura pop erano vasi comunicanti. E soprattutto è il documento dell’intelligenza, dell’acume e dell’ironia di una musicista straordinaria.

L’album Beatles arias è stato rimasterizzato e ristampato su cd nel 2004 dall’etichetta francese Telescopic e purtroppo è da tempo fuori catalogo. Non compare sulle piattaforme di streaming, può essere ricostruito un po’ a spizzichi e bocconi su YouTube.

Cathy Berberian
Beatles arias
Fontana 1967, Telescopic 2004

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it