26 aprile 2022 13:04

Ci sono album che hanno avuto la disgrazia di uscire troppo presto. The pendulum vibe della cantante, rapper e cantautrice Joi è uno di quelli. Joi Elaine Gilliam è nata nel 1971 nel Tennessee, suo padre era il giocatore di football americano Joseph Wiley Gilliam Jr. e nei primi anni novanta è entrata a far parte del collettivo hip hop di Atlanta The Dungeon Family. Nel corso dei decenni da quel collettivo sono passati artisti fondamentali della scena soul, funk e hip hop del sud degli Stati Uniti come OutKast, Cee Lo Green, Janelle Monáe e Bubba Sparxxx. E Joi ha cominciato proprio nella crew degli OutKast.

Nel 1994 Joi fa uscire il suo album di debutto, The pendulum vibe, interamente prodotto e scritto insieme a Dallas Austin, allora un giovane e promettente produttore di Columbus, Georgia, che in quei mesi stava lavorando anche al debutto del girl group che avrebbe rivoluzionato la musica pop di quel decennio: le Tlc.

All’inizio degli anni novanta hip hop, rap e r&b erano in una fase di profonda evoluzione: si stavano sempre di più ibridando tra loro e sempre più spesso si dimostravano capaci d’infrangere la barriera del pop mainstream. Nel 1994 escono altri due album importanti: CrazySexyCool delle Tlc e My life di Mary J. Blige: il primo è una fusione irresistibile tra hip hop e pop radiofonico e il secondo, magistralmente prodotto da Sean “Puffy” Combs (Puff Daddy), salda l’hip hop con la più nobile e sanguigna tradizione del soul. È proprio in quell’anno che l’hip hop diventa, senza possibilità di ritorno, il tessuto connettivo di buona parte della musica pop contemporanea.

Il 1994 è anche fondamentale per un’altra ragione, più tangenziale ma non meno importante: è la prima volta che compare, nel mondo accademico statunitense, il termine “afrofuturismo”. Il critico Mark Dery, in una sua intervista intitolata Black to the future, coniò questo termine e lo definì: “letteratura speculativa che tratta temi e interessi afroamericani riconducendoli al contesto della cultura tecnocentrica del ventesimo secolo”.

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The pendulum vibe, il disco di debutto di Joi, registrato tutto dal vivo in sole tre settimane, risente di tutti questi sommovimenti e di queste evoluzioni, ed è un modernissimo album sul presente e il futuro visto dal punto di vista di una giovane donna nera. The pendulum vibe è meno pop di CrazySexyCool e meno soul di My life; è più imparentato con l’hip hop hippy e psichedelico di gruppi come i De La Soul e gli Arrested Development (anche loro di Atlanta), è pieno di funk e di psichedelia e anticipa quello che nel giro di pochi mesi sarebbe stato chiamato neo soul, o nu soul. Joi è arrivata in netto anticipo rispetto agli artisti considerati capostipiti del genere come Erykah Badu, D’Angelo, Maxwell e soprattutto Jill Scott, il cui straordinario debutto, Who is Jill Scott? (2000) deve molto ai suoni e all’estetica di The pendulum vibe.

L’album parte con un’invocazione e un coro (“Non ci piegheremo al razzismo, non ci piegheremo all’ingiustizia, non ci piegheremo allo sfruttamento… io resterò in piedi”) che esplode in Freedom, pezzo che mescola gospel e funk e parla di sorellanza e di liberazione. Joi si rivolge alle sue sorelle e canta: “Ci prenderemo la nostra libertà: libertà per il mio corpo, libertà per la mia testa, libertà per il mio spirito”. Freedom non esce neanche come singolo radiofonico ma, l’anno dopo, viene scelto dal regista Mario Van Peebles come colonna sonora del film Panther, dedicato alla storia e alle lotte del movimento delle Black panther. La canzone, ricantata da un cast di star dell’r&b anni novanta tra cui Aaliyah, Mary J. Blige, En Vogue, Queen Latifah, Monica e Me’Shell NdegéOcello, ha un buon successo, mentre lo straordinario album da cui era stata tratta finisce lentamente nel dimenticatoio.

Eppure The pendulum vibe è un lavoro vibrante e unico nel panorama musicale dei primi anni novanta: nelle premesse è un classico album rhythm’n’blues ma poi, secondo lo spirito d’improvvisazione tipico dell’hip hop del sud, prende altre, imprevedibili strade: il suono non è ancora patinato e pettinato come nelle più note produzioni di Dallas Austin e, pur essendo pieno di dettagli, ha sempre qualcosa di urgente e sporco. L’unico singolo che ha avuto una certa eco è Sunshine & the rain, un pezzo con un piede nell’acid jazz dei primi anni novanta e l’altro in un utopistico afrofuturo in cui tecnologia e spiritualità si mescolano. Sunshine & the rain è un mantra che viene ripetuto, come un incantesimo, su un groove memorabile (provate a restare fermi ascoltandola): “Ho bisogno di una spinta che mi catapulti in alto, l’uscita è troppo stretta e mi toglie il fiato e la vita…”. Il tema dell’album è la ricerca e la conquista della propria voce e della propria unicità (I found my niche, “Ho trovato la mia nicchia”) e della propria identità, anche sessuale: in Narcissa cutie pie Joi canta la bellezza e la sensualità di un’esperienza erotica con un’altra donna. Quello della sperimentazione sessuale oggi è un tema abbastanza ovvio grazie ad artiste come Rza o Janelle Monáe, ma non era esattamente comune nell’r&b di quegli anni. In Fatal lovesick journey, un altro pezzo con diverse sfumature funk e jazz, Joi emana una sicurezza in se stessa e nella propria sessualità sorprendenti in un’interprete ventiduenne al debutto.

The pendulum vibe non ha alcun successo quando esce: la critica e la comunità dell’r&b si accorgono di Joi, ma non il pubblico e le radio. Sicuramente se ne accorge Madonna che, dopo aver ascoltato l’album, vuole conoscerla e decide di farsi produrre da Dallas Austin. Lei stessa, promuovendo il suo album Bedtime stories dice di Joi: “Volevo sapere chi fosse questa ragazza. Cos’è questa musica? Com’è venuta fuori?”. Canzoni come Survival, Secret e Don’t stop sono incontestabilmente madonnesche ma risentono del suono e dell’estetica di The pendulum vibe.

Come tutte le vere innovatrici Joi è arrivata troppo presto e non è stata capita dal pubblico: il suo secondo album, Amoeba cleansing syndrome, sempre prodotto da Dallas Austin, non è mai uscito e ha circolato solo come registrazione pirata. Nel 2002 esce finalmente un suo secondo album solista, Star Kitty’s revenge, e un suo pezzo sulle gioie del sesso orale (Lick, con il rapper Sleepy Brown) ha un certo successo grazie alla colonna sonora del film d’azione XXX con Vin Diesel. A tutt’oggi Joi non è una superstar ma è un nome rispettato nella scena soul e r&b statunitense: recentemente ha ricantato per intero The pendulum vibe in una sala stracolma ad Atlanta e da quell’esibizione è stato tratto un docufilm dal titolo 20 years of Joi.

Joi
The pendulum vibe
Capitol, 1994

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