15 maggio 2009 14:32

Secondo il Wall Street Journal, negli Stati Uniti ci sono più blogger retribuiti che vigili del fuoco.

David RandallVolete cambiare lavoro? Che ne direste di guadagnare 75mila euro all’anno senza muovervi da casa? L’unico spostamento che dovreste fare è dal letto al computer, e passereste giornate tranquille raccontando al mondo quello che pensate. Non ci sarebbe nessun capo isterico, nessun collega antipatico, nessuna riunione noiosa, nessun timore di essere licenziati.

E potendo dedurre dalle tasse il riscaldamento, l’elettricità e l’attrezzatura, avreste più soldi in tasca. Ma esiste un lavoro così bello? Provate ad aprire un blog. Secondo il Wall Street Journal, 452mila americani si guadagnano da vivere così.

L’articolo ha attirato la mia attenzione, e non solo la mia, perché quello che succede online negli Stati Uniti alla fine si ripete sempre in Europa. Il Wall Street Journal sostiene che negli Stati Uniti ci sono più blogger retribuiti che vigili del fuoco.

Il 2 per cento della popolazione ricava il suo reddito principale da quest’attività. Inoltre, dato che “non comporta spostamenti, tenere un blog farebbe bene all’ambiente”. Quindi non solo è remunerativo, ma non inquina.

Se vi sembra troppo bello per essere vero, è perché lo è. Gli spiriti critici, che sul web non mancano, si sono affrettati a precisare: di quei 452mila blogger, il 57 per cento guadagna meno di cento dollari al mese.

E comunque, quando si parla di “reddito principale”, bisogna distinguere: se il blogger è uno studente, può anche non essere molto alto. Infine, il presunto reddito di 75mila dollari dei blogger di successo in realtà è una media, calcolata tenendo conto anche di un piccolo numero di persone che guadagna molto più di 200mila dollari all’anno. Il reddito mediano (cioè il valore che si trova a metà della lista) è di 22mila dollari.

I blogger in cima alla lista guadagnano in tre modi. Il primo è la pubblicità, che paga da uno a quattro euro per ogni annuncio visto da mille visitatori. Questo significa, per esempio, che vendendo lo spazio di tre annunci a pagina a quattro euro l’uno, per guadagnare 43mila euro all’anno dovreste avere 300mila visitatori al mese, cosa che succede a pochissimi blog (un sito a tema con un pubblico specializzato può far pagare gli annunci molto di più, anche venti euro ogni mille visitatori).

Il secondo modo per guadagnare è entrare nel programma di affiliazione di un sito commerciale e intascare una commissione che va dal 5 al 10 per cento su tutti i prodotti acquistati da chi visita il vostro sito. Il terzo sistema è farsi pagare da una società commerciale per scrivere dei suoi prodotti (cosa che provocherebbe l’immediato licenziamento di un giornalista da qualsiasi giornale occidentale che si rispetti).

I blogger americani possono guadagnare dai 75 ai 200 dollari a post, ma la maggior parte non supera i 25. Questo significa che per guadagnare 60mila dollari all’anno bisognerebbe scrivere 2.400 post, almeno dieci al giorno per tutto l’anno lavorativo.

I grandi blogger, quelli letti ogni mese da 500mila o da un milione di persone, e che quindi sono diventati “nomi”, hanno anche altre possibilità di introito. Possono tenere conferenze, offrirsi come consulenti, scrivere articoli per la stampa, parlare alla radio o apparire in tv.

Come per gli scrittori che hanno un certo successo anche se i loro libri non sono proprio dei best seller, questo è il vero sistema per far soldi. Io, per esempio, guadagno così due o tre volte quello che ricavo ogni anno dalle vendite dei miei libri. Se pensate che scrivendo libri si diventa milionari, sappiate che con i diritti dei miei due libri, ormai tradotti in 17 lingue, incasso appena i soldi sufficienti per permettermi due vacanze decenti all’anno.

Allora quali sono i blog che permettono di guadagnare? Prima di tutto, quelli che contengono link ad altri siti e articoli particolarmente insoliti e interessanti, in grado di attirare un grande pubblico. In secondo luogo, i blog monotematici, che riportano informazioni e commenti su film, software, viaggi, cosmetici, cibo biologico, o anche su qualcosa di più specialistico come le immersioni subacquee.

Gli autori di questi siti possono guadagnare non solo con la pubblicità, ma anche con le commissioni sulle vendite o scrivendo direttamente per il committente (cioè lasciandosi corrompere, come pensano alcuni di noi). Al terzo posto ci sono i blog politici e d’informazione, quelli degli editorialisti del web. Qui la regola sembra essere che più sono cattivi, più visitatori attirano. Essere equilibrati e ragionevoli non paga (almeno in termini di pubblicità).

Molto meno fortunati sono i blog scritti per vendicarsi di un ex amante, quelli che raccontano minuto per minuto la vita quotidiana dei loro autori o descrivono in dettaglio le prodezze dei loro adorabili figli. Questo perché il blog è una forma di pubblicazione come le altre. Quindi se pensate di scriverne uno, cercate di immaginare che effetto farebbe su una rivista, e chiedetevi se qualcuno lo leggerebbe più di una volta. Se la risposta è sì, forse avete una possibilità.

David Randall è senior editor e columnist del settimanale Independent on Sunday di Londra. Ha scritto quest’articolo per Internazionale. Il suo ultimo libro è Tredici giornalisti quasi perfetti (Laterza 2007).

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