28 giugno 2016 20:22

Esporre con ordine: era questo che voleva la scuola. E gli allievi, per non sgarrare, si tenevano all’ordine del libro di testo. Chissà se oggi succede ancora così, nelle aule. Di sicuro va a questo modo in politica e la televisione ne dà ampia prova. Esponenti di partito, il Pd in testa, ministri, sottosegretari, presidenti di questo e di quello, perfino illustri studiosi passano da una trasmissione all’altra esponendo nella sostanza con le stesse parole la giusta linea. E si arrabbiano se qualcuno li interrompe impedendogli di dire dalla a alla zeta il volantino che hanno studiato.

Certo, si sa che le parole dei capi di governo sono in genere scritte da solidi artigiani che infiorettano i punti salienti. Certo, tutte le organizzazioni politiche, sul modello di quelle religiose, esigono da sempre che il militante ripeta a pappagallo i concettini fondamentali del credo che le tiene insieme. Ma ciò che la televisione oggi mostra fino alla nausea è che imparare bene la lezioncina deve non solo divulgare il verbo, ma testimoniare che in ogni parola il politico è ottusamente affidabile.

I talk show sono noiosi per questo. Non potrà mai accadere che nel bel mezzo della chiacchiera televisiva un qualche politico dica al suo avversario: a questo non avevo mai pensato, mi hai convinto. O anche: sono stufo della mia filastrocca, ora ti dico a parole mie cosa penso veramente.

Questa rubrica è stata pubblicata il 24 giugno 2016 a pagina12 di Internazionale. Compra questo numero| Abbonati

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