02 ottobre 2018 16:02

C’è un film in sala e in televisione che racconta in modo efficace il paese in cui viviamo oggi, i rischi a cui siamo esposti.

Il film mostra che si può essere presi in consegna dalle forze dell’ordine perché con l’ordine vigente non tutto di noi combacia, ed essere misteriosamente riconsegnati cadavere. Il film mostra che se non abbiamo le carte in regola, metaforicamente e alla lettera, noi stessi ci spaventiamo della nostra irregolarità e crediamo che per cavarcela è bene ingoiare ogni rospo. Il film mostra che se la realtà terribile della persona che abbiamo di fronte contraddice i documenti che invece ci sgravano la coscienza, la realtà ha torto e i documenti hanno ragione. Il film mostra che ci sono formule magiche che risolvono tutti i problemi: “Se insisti, chiamo chi di dovere”, “Firma qua”, “Non c’è l’autorizzazione”. Il film mostra come può capitare che nessuno, proprio nessuno, davanti a un essere umano che sta morendo nell’abbandono riesca a trovare la forza di gridare: me ne fotto del protocollo e delle ritorsioni, bisogna fare qualcosa subito.

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Il film è di Alessio Cremonini e racconta l’agonia di Stefano Cucchi, interpretato in modo stupefacente da Alessandro Borghi. Deve assolutamente vederlo non tanto chi sa tutto di quella storia insopportabile ed è già arrabbiato, ma chi si muove distrattamente in questo nostro mondo, subendolo ogni giorno.

Questa rubrica è uscita il 28 settembre 2018 nel numero 1275 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati

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