15 maggio 2013 08:38

Dumas, dove sei nel momento del bisogno? Certo l’autore del Conte di Montecristo non poteva immaginare, 142 anni dopo la sua morte, un’Europa ancora piagata da legioni di imbecilli uguali all’imbecille che gli strappò questa battuta: “Sì, mio padre era mulatto, mio nonno era negro e il mio bisnonno era una scimmia. Come vede, la mia famiglia comincia dove la sua finisce”. Invece è così, e purtroppo per noi uno dei principali accampamenti delle suddette legioni è l’Italia. Ho il dubbio che la Francia di Dumas e di suo padre (generale dell’esercito rivoluzionario, nato nella colonia di Santo Domingo da un nobile francese e dalla sua schiava, Marie-Césette Dumas) fosse sotto questo aspetto più civile dell’Italia di oggi.

Unica consolazione: non siamo soli. Tutti i paesi dell’Unione europea hanno i loro Borghezio. E alcuni hanno anche già avuto la loro Cécile Kyenge.

I Paesi Bassi hanno aperto la strada con Abraham George Ellis: ministro della marina dal 1901 al 1905, era nato in Suriname dall’unione tra un funzionario meticcio e una schiava liberata. Bisognerà aspettare quasi un secolo perché un altro paese europeo - la Gran Bretagna - compia lo stesso passo. Nel 1999 Patricia Scotland – padre di Antigua, madre dominicana – diventa sottosegretario di stato presso il Foreign and Commonwealth Office. Poi, dopo vari incarichi, dal 2003 al 2007 occupa un posto di primo piano al ministero degli interni (è minister of state for the criminal justice system and law reform). Nel frattempo un uomo, Paul Boateng, origini scozzesi e ghanesi, è il primo nero a entrare nel gabinetto del Regno Unito, come chief secretary to the treasury dal 2002 al 2005. Il primato, più recente, dell’anglonigeriana Helen Grant è legato al colore della sua pelle quanto a quello del suo partito: in seguito a un rimpasto nel governo Cameron, da settembre del 2012 Grant è il primo ministro nero conservatore (per la precisione è parliamentary under secretary of state for justice, women and equalities and minister for victims and the courts).

In Francia è successo il contrario: la svolta è arrivata dall’Union pour un mouvement populaire. Rama Yade, nata nel 1976 a Dakar, è stata la prima donna nera e musulmana a far parte di un governo francese. Insieme a Rachida Dati (prima donna di origine magrebina nominata ministro) era il volto della “diversità” promossa da Sarkozy, che nel 2007 l’ha nominata segretario di stato presso il ministero degli affari esteri (nome completo della carica: secrétaire d’état chargée des affaires étrangères et des droits de l’homme). “Servono neri al governo”, titolava Le Figaro in un [editoriale][1] uscito all’epoca. A quanto pare, però, Rama Yade ha avuto un predecessore: Severiano de Heredia, nato a Cuba nel 1836, fu ministro dei lavori pubblici nel 1887 (un libro ha da poco [riportato alla luce][2] la sua storia).

Mentre Borghezio vaneggiava sulla fantomatica “etnia africana”, mi sono chiesta se il Belgio avesse mai avuto un ministro di origine congolese. Non è ancora successo, ma nel 2004 Gisèle Mandaila (del liberale Mouvement réformateur) è stata nominata segretario di stato per la famiglia e le persone disabili nel governo Verhofstadt II. In seguito Mandaila ha [dichiarato][3] di non essersi mai sentita del tutto accettata dagli altri membri dell’esecutivo: “Accumulavo gli handicap: donna, extraparlamentare e nera” (sulla preponderanza delle donne in questo articolo ci sarebbe da fare una riflessione a parte).

Anche la Norvegia ha avuto il suo primo ministro nero, ma è una storia finita male: ministro per l’infanzia e la parità nel governo laburista che si è insediato nel 2007, Manuela Ramin-Osmundsen (nata nel 1963 in Martinica) si è dimessa pochi mesi dopo perché sospettata di favoreggiamento. Si è dimessa anche, ma dopo sette anni, Nyamko Sabuni, originaria del Burundi, prima donna nera a far parte di un governo in Svezia. Nominata ministro per l’integrazione e la parità di genere nel 2006, all’inizio del 2013 ha rinunciato al suo incarico per motivi [poco chiari][4].

La lista potrebbe essere allargata a deputati e sindaci, che aumentano pian piano (il blog [Afro-Europe][5] segue da vicino questo tema). Mentre i britannici [si chiedono][6] se sono pronti per un premier nero e Rama Yade, nei fumi della gravidanza, annuncia che suo figlio sarà un “[mini-Obama][7]”, l’Italia segue faticosamente i passi di altri paesi europei. Contro i momenti di sconforto consiglio questo video: il fou rire del ministro della giustizia francese Christiane Taubira mentre difende il matrimonio gay è un rimedio infallibile.

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Francesca Spinelli è giornalista e traduttrice. Vive a Bruxelles e collabora con Internazionale. Su Twitter: @ettaspin

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