22 gennaio 2015 14:57

Quando qualcuno dice di non essere interessato alla politica significa che le sue opinioni sono allineate con quelle dominanti. Nessuno di noi è imparziale o indifferente alle questioni del potere. Siamo creature sociali che assorbono le opinioni di chi ci circonda e le diffondono senza rendersene conto. L’obiettività è impossibile.

L’illusione della neutralità è una delle cause del cattivo stato in cui versa il giornalismo. Quelli che dovrebbero controllare il potere scivolano spensieratamente tra le sue braccia. Ma fino a quando non ho letto la notizia di uno scandalo avvenuto di recente in Canada non avevo capito quanto rapidamente la situazione stesse degenerando.

Nel 2013 i reporter della Cbc, la tv pubblica canadese, pubblicarono uno scoop. La Royal Bank of Canada aveva fatto qualcosa di crudele e insolito perfino per gli standard del settore bancario: aveva obbligato i suoi dipendenti a formare un gruppo di lavoratori precari stranieri che avrebbero ereditato il loro posto di lavoro. Poco dopo la pubblicazione della notizia, però, è successo qualcosa di strano, come riporta il sito Canadaland. I giornalisti che volevano approfondire l’argomento sono stati invitati a partecipare a una conference call con la corrispondente economica e presentatrice Amanda Lang, che ha cercato in tutti i modi di sminuire la storia sostenendo che fosse noiosa e poco interessante.

I giornalisti erano sbalorditi, ma lo stupore è aumentato a dismisura quando sono venuti a galla i seguenti fatti: primo, Amanda Lang era intervenuta a una serie di eventi gestiti o sponsorizzati dalla Royal Bank of Canada, per ognuno dei quali era stata pagata fino a 15mila dollari; secondo, Lang avrebbe dovuto parlare a una conferenza sponsorizzata dall’azienda a cui la banca si era rivolta per mettere in pratica la crudele strategia scoperta dai loro colleghi; terzo, il compagno di Lang fa parte del consiglio d’amministrazione della Royal Bank of Canada.

Lang ha intervistato l’amministratore delegato della banca durante il suo programma, e quando questo ha dichiarato che la notizia era sbagliata e fuorviante la presentatrice non solo non lo ha incalzato, ma in seguito ha ripetuto per intero e senza criticarle le sue tesi nel principale programma di attualità della Cbc. I suoi interessi personali, ancora una volta, sono stati nascosti. In seguito Lang ha scritto un commento per il Globe and Mail insinuando che l’articolo dei suoi colleghi fosse nato dai pregiudizi nei confronti del mondo degli affari, estremamente pericolosi per gli interessi del Canada, e sottolineando che si trattava in ogni caso di una “faccenda secondaria”. Ecco cosa ha detto Amanda Lang a proposito del comportamento della banca: “Si chiama capitalismo, e non è una parolaccia”.

Il sito Canadaland, che ha rivelato il conflitto di interessi di Lang, ha scoperto che altri giornalisti dell’emittente erano indignati ma avevano paura di uscire allo scoperto. Dopo che la Cbc aveva tentato di minimizzare la notizia parlando di “mezze verità basate su fonti anonime”, Kathy Tomlinson, la giornalista che aveva firmato il primo articolo sulla banca, ha rilasciato una coraggiosa intervista al sito. La mattina seguente i suoi collaboratori hanno trovato sul frigorifero del suo ufficio questa scritta: “Gli spioni di Jesse Brown finiscono all’ospedale”. Jesse Brown è il fondatore del sito Canadaland.

La Cbc si è rifiutata di rispondere alle mie domande, così come Amanda Lang, sorprendentemente ancora alle dipendenze dell’emittente (che finora non ha fatto altro che aggredire i suoi critici).

È una situazione grottesca, ma è anche il sintomo di un problema più grande che affligge il giornalismo: le persone che dovrebbero controllare le élite politiche e finanziarie sono in realtà colluse con esse. Molte appartengono all’aristocrazia del settore dei servizi e sono imparentate (metaforicamente, ma spesso anche letteralmente) con la finanza. A volte inconsapevolmente, fanno da megafono per le élite e soffocano le voci contrarie.

Uno studio condotto da alcuni ricercatori della Cardiff school of journalism ha esaminato la copertura dei salvataggi delle banche nel 2008 fatta dal programma Today della Bbc. I ricercatori hanno scoperto che i servizi erano “dominati dai broker, dagli investitori bancari e dai manager degli hedge fund. La voce della società civile e i commentatori che mettevano in dubbio l’utilità di avere un settore finanziario così mastodontico erano quasi del tutto assenti”. In sostanza, spiegavano la crisi alle stesse persone che l’avevano provocata.

Lo stesso vale per le discussioni sul deficit e sull’austerità. Il dibattito è stato quasi monopolizzato dalle élite politiche ed economiche, mentre le voci contrastanti che parlavano di una crisi esagerata e invece dei tagli chiedevano un approccio keynesiano basato sulla spesa pubblica o una tassazione sulle transazioni finanziarie erano quasi assenti. Queste misure hanno cambiato la vita di tutti, e la Bbc ha contribuito a creare il consenso politico che ha imposto tante sofferenze a molti di noi.

I giornalisti economici della Bbc infrangono le regole editoriali dell’emittente quasi ogni giorno, perché non offrono punti di vista alternativi. Ogni mattina Today coccola i leader dell’economia per dieci minuti. Ogni tanto li interroga sul valore o la salute delle loro aziende, ma non solleva mai questioni di ordine etico. Le critiche alle grandi aziende sono totalmente assenti dal programma. Secondo lo studio, tra gli ospiti del programma Bbc News at Six la proporzione tra gli esponenti del mondo imprenditoriale e i rappresentanti sindacali è di 19 a uno. “La Bbc tende a riprodurre una visione del mondo conservatrice, euroscettica e favorevole alle imprese”, concludono gli autori. E questa è l’emittente a cui le persone si rivolgono quando non si fidano dei mezzi d’informazione controllati dalle grandi aziende.

Spesso i mezzi d’informazione gestiscono le storie in modo pessimo, ma il silenzio sui fatti è ancora peggio. Se una questione non crea un conflitto tra i principali partiti politici non se ne parla, e oggi i partiti sono d’accordo su quasi tutto. Un altro studio rivela la quasi totale scomparsa delle notizie sull’ecologia da Itv e Bbc news, dove sono calate rispettivamente dal 2,5 per cento e dall’1,6 per cento sul totale delle notizie nel 2007 allo 0,2 per cento e allo 0,3 per cento nel 2014. Nel 2014 i servizi su Madeleine McCann, la bambina scomparsa in Portogallo nel 2007, hanno ricevuto la stessa copertura di tutte le questioni ambientali messe assieme.

Le persone a cui chiediamo di sfidare e controllare il potere sono in realtà fedeli alleate del potere stesso. Se la prendono con i social media e le voci antisistema come Russell Brand, ignorando il fatto che se le alternative sono così popolari è a causa delle loro incapacità: l’incapacità di smascherare le bugie dei potenti, l’incapacità di presentare un punto di vista diverso, l’incapacità di far capire al pubblico che un altro mondo è possibile. Se anche le emittenti pubbliche ripetono a pappagallo le tesi dell’élite, che speranze ci sono di avere una democrazia basata su scelte consapevoli?

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it