In molti si chiedono perché Beppe Grillo a poche settimane dalle elezioni rischi un autogol così clamoroso come l’epurazione di Federica Salsi e Giovanni Favia, silurati con due righe e molto sarcasmo sul suo blog.

La loro colpa è ovviamente di lesa maestà. È istruttivo leggere le reazioni degli iscritti e simpatizzanti sul web, che si possono dividere sommariamente in tre categorie: quelli ortodossi, che reagiscono come una setta ed esprimono sdegno verso i dissidenti: “Favia e Salsi, chi sono? Due merde puzzolenti. Due venduti e non è escluso che siano infiltrati”. Poi ci sono i perplessi, che esprimono dei dubbi pur sottolineando che i due consiglieri emiliani non hanno rispettato le regole stabilite. Infine i contrari, che temono ripercussioni elettorali o parlano di epurazioni staliniane.

Ed è illuminante la realpolitik di alcuni consiglieri grillini sul caso. Il capogruppo in Piemonte, Davide Bono, relega il dibattito sulla democrazia interna nella rubrica “quisquilie” e definisce Grillo e il suo socio Casaleggio come “il collegio di garanti” (definizione assai strana dato che i due sono di fatto i proprietari del movimento). Il fatto che anche il sindaco di Parma Federico Pizzarotti abbia espresso “sorpresa per la decisione”, ritenendo che ci siano “alcune cose da chiarire”, potrebbe inasprire i toni.

Accese polemiche avevano già accompagnato

le parlamentarie sul web, con le quali il movimento ha scelto i candidati per le prossime elezioni. Su queste primarie non si è saputo quasi nulla. Molti si sono lamentati per la scarsa trasparenza, per il fatto che non sia stato comunicato né il numero dei votanti né quello delle preferenze. Molti candidati sarebbero stati eletti con poche decine di voti.

Non è stata smentita la notizia che in Trentino avrebbero votato solo 173 persone, in Umbria 311. Alcuni hanno lamentato abusi e nomi cancellati all’ultimo momento. Secondo alcune stime a queste primarie sul web avrebbero votato meno di 30mila persone, numero che corrisponde a meno di un quinto delle preferenze del solo Favia che, come si può verificare quotidianamente, gode della fiducia della sua base elettorale.

Nessuno ha mai risposto alle famose venti domande pubblicate tra l’altro dal Fatto quotidiano. Domande semplici ed essenziali come questa: “Quanti sono gli iscritti al Movimento 5 stelle? Oppure: ” È lecito che i futuri parlamentari debbano firmare per mettere nelle mani di un’agenzia di comunicazione gestita sempre e solo da Grillo e Casaleggio i fondi parlamentari ?”.

Sarebbe assurdo negare i meriti di Beppe Grillo. È stato uno dei pionieri nella lotta per una maggior trasparenza, vero tallone d’Achille della politica italiana. Perché allora reagisce con tanta veemenza e sdegno alle richieste di più trasparenza e democrazia interna? Grillo ha fatto della protesta la quintessenza della sua vita. Come può sostenere ora “che la protesta non fa parte della cultura e del modo di pensare a 5 stelle”?

Già stanno affiorando schermaglie legali sulla proprietà del logo in Emilia Romagna. Favia ha annunciato un ricorso contro la sua espulsione. A chi lo farà? Ed è facile prevedere cosa succederà quando decine di neoeletti entreranno in parlamento. Prima o poi ci si dovrà convincere che un movimento così vasto difficilmente potrà essere gestito da due persone non elette e senza scadenza di mandato, che mandano “fuori dalle palle” chi fa domande scomode. Sbuffa Grillo: “Non venite a rompermi i coglioni sulla democrazia interna”. Temo che sarà deluso.

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