26 ottobre 2012 18:04

*”La trebbiatura è una delle pratiche più antiche e pure dell’agricoltura. Ma come ci ricorda la Bibbia, è anche una metafora della vendetta di Dio sugli ingiusti”.

(The Treshingfloor)*

Queste non sono le parole di un sacerdote. Sono frasi scritte da David Eugene Edwards, una delle voci più autorevoli del folk-rock americano e leader degli Wovenhand.

Oggi non c’è nulla di più lontano dalle mode, musicali e non solo, di Mr. Edwards. E sarà per quello che siti come Pitchfork lo snobbano letteralmente. Eppure con i 16 Horsepower, la sua prima band, ha firmato almeno un paio di dischi davvero notevoli. [Secret south][1] su tutti. Ma è sempre stato un artista difficile, scontroso e poco democratico.

Dopo aver sciolto i 16 Horsepower, Eugene ha formato gli Wovenhand. Il nuovo album della band è uscito l’11 settembre e si intitola The laughing stalk. È il solito sapiente miscuglio di musica folk, rock e blues. Il tutto filtrato da atmosfere cupe e gotiche. Rispetto al passato, le canzoni sembrano ancora più focalizzate sulle chitarre elettriche e su ritmi di batteria ipnotici.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Non sono molti i gruppi che negli ultimi anni sono riusciti ad avere questo potere evocativo. Merito anche dei testi di Edwards, intrisi di una religiosità arcaica, cupa e vendicativa. Certo, a leggere frasi come “Il contratto che hai firmato con la tua morte non durerà” vengono un po’ i brividi.

Ma questa musica è affascinante proprio per il suo lato ancestrale. Lo provano brani come l’iniziale Long horn. O come Maize, che sembra una danza dei nativi americani. A tratti la rabbia di chitarra e batteria sembra quasi avvicinarsi al metal: ascoltare per credere l’apocalittica King o’ king.

E pazienza se David Eugene Edwards a volte sembra un predicare pazzo. A sentire le sue canzoni, la sua voce, viene quasi voglia di seguirlo in questo viaggio a rotta di collo verso i misteri dell’antico testamento.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it