31 maggio 2015 15:17

Il terzo giorno la fatica comincia a farsi sentire, ma è giusto non fermarsi. L’ultima giornata del Primavera sound 2015 si annunciava come un vero tuffo nella nostalgia e così è stato. Mi sono messo in coda alle cinque, sotto un sole ancora caldo, per ascoltare gli statunitensi Swans all’auditorium Rockdelux. Più di due ore di musica ipnotica, straniante, con canzoni dilatate e al centro di tutto la presenza un po’ da sciamano di Michael Gira. Uno dei migliori concerti dell’intero festival, a patto di indossare i tappi per le orecchie, visti i volumi.

Piuttosto deludenti invece gli inglesi Sleaford Mods, che dal vivo mi sono sembrati un po’ ripetitivi. Mi sono sorpreso invece di quanto riescano a essere ogni volta coinvolgenti gli Einstürzende Neubauten, il gruppo industrial tedesco guidato dal cantante e polistrumentista Blixa Bargeld. Nonostante fosse a un festival rock, di fronte a diversi spettatori occasionali un po’ straniti, la band è riuscita comunque a mettere in piedi un concerto coinvolgente, senza rinunciare al suo status di gruppo “colto”.

Gli Einstürzende Neubauten al Primavera sound. (Dani Canto)

Non mi sono goduto per niente gli Unknown Mortal Orchestra, tecnicamente bravi ma non molto a fuoco nel tentativo di mescolare rock, funk e psichedelia. Ma forse è stata anche colpa di un pessimo pubblico, forse il peggiore incontrato finora al Primavera, rumoroso e distratto perfino al di là degli standard di un festival rock.

Gli headliner di oggi erano gli Strokes. Una band che ha fatto uno dei dischi più celebrati dei primi anni duemila, Is this it, ma che non è mai riuscita a bissare il disco d’esordio. Non è un caso che la band abbia costruito la sua scaletta del Primavera quasi solo sui brani vecchi, estratti principalmente dai primi due album. Julian Casablancas, ormai abbastanza sovrappeso, ha sfoggiato una chioma rosa di dubbio gusto.

A tratti il quintetto ha fatto un po’ il compitino, suonando bene ma senza grandissimo trasporto. Ci sono stati piccoli problemi tecnici sui volumi, qua e là, come era successo anche durante il concerto dei Black Keys. Però la forza di alcuni pezzi (Reptilia, Last nite, Take it or leave it) è rimasta intatta. Un concerto divertente soprattutto per chi, come me, è stato adolescente tra la fine degli anni novanta e i primi anni duemila.

Ecco il video integrale dell’esibizione degli Strokes (il primo pezzo si sente molto male, poi va meglio).

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A proposito di nostalgia, ho deciso di chiudere il mio Primavera sound con il concerto degli Underworld, che si sono esibiti all’1.30 sull’Heineken stage e per l’occasione hanno rifatto per intero lo storico album Dubnobasswithmyheadman. Un disco che, a dirla tutta, non regge troppo bene la prova del tempo. Ma il numeroso pubblico inglese presente non sarebbe d’accordo con me. Il concerto degli Underworld non poteva non chiudersi con Born slippy, inno generazionale di metà anni novanta. Impossibile, durante i sette minuti di delirio collettivo scatenati dal pezzo, non pensare a questo.

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Il Primavera sound 2015 è finito. Secondo gli organizzatori, quest’anno al festival sono venute 175mila persone (l’anno scorso erano 191.800). Numeri importanti, per un festival che è sostenuto dal fatto di avere alle spalle una città bella e ben organizzata come Barcellona e che, vedendo il programma di quest’anno e non solo, ha la forza di guardare molto al nord dell’Europa (gruppi come Ride e Underworld sembrano pensati per compiacere soprattutto il pubblico britannico). Cosa si inventeranno gli organizzatori del Primavera l’anno prossimo? Cominciamo già a pensare alle possibili reunion e qualche nome potrebbe venirci in mente.

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