03 giugno 2020 14:54

In questi giorni le strade degli Stati Uniti sono infuocate dalle proteste cominciate dopo che ancora una volta un poliziotto bianco ha ucciso un nero disarmato. I manifestanti, bianchi e neri, protestano contro quella che Alessandro Portelli ha definito “La civiltà del ginocchio sul collo”. E forse, proprio in questo periodo, è giusto riprendere in mano uno dei dischi più famosi di Nina Simone, Nina Simone in concert, uscito nel 1964, che raccoglieva le registrazioni fatte nel corso di tre serate alla Carnegie Hall di New York.

Nel disco c’è quella che Simone ha definito la sua prima “canzone sui diritti civili”: Mississippi goddam. La cantante la scrisse in un’ora, in risposta all’omicidio di Medgar Evers, un attivista nero ucciso da un suprematista bianco nel 1963 a Jackson, in Mississippi (l’omicidio è citato anche nella canzone di Bob Dylan Only a pawn in their game). La canzone di Simone in realtà si riferiva anche ad altri episodi, come l’attentato di Birmingham, in Alabama, anch’esso commesso dai suprematisti bianchi, che causò la morte di quattro bambine nere.

È un pezzo arrabbiato, parecchio. “Oh but this whole country is full of lies you’re all gonna die and die like flies”. Questo paese è pieno di bugie, morirete come mosche, cantava Simone. Mississippi goddam è più attuale che mai. Non serve neanche spiegare perché.

Nina Simone
Nina Simone in concert
Philips, 1964

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it