21 ottobre 2009 00:00

È come se a una manifestazione per la difesa dei diritti degli immigrati andassero solo gli immigrati. Sarebbe inconcepibile. Ma in Italia i diritti dei gay e delle lesbiche non sono considerati una questione che riguarda tutti. In questo la classe politica non è più arretrata del resto della società. Tolte forse le grandi aree metropolitane, in Italia essere gay o lesbica è ancora difficile come lo era cinquant’anni fa. Bulgaria, Polonia, Slovacchia, Estonia, Lituania, Lettonia, Malta. E Italia. Sono questi i paesi dell’Unione europea che non hanno una legge contro l’omofobia e in cui non è previsto il riconoscimento delle coppie gay. Siamo sempre agli ultimi posti, in questa come in altre classifiche sulle libertà civili e sul rispetto dei diritti delle minoranze. Tra le tante battaglie di un grande partito di sinistra, una delle prime dovrebbe essere quella per spiegare a tutti che i diritti di gay e lesbiche non sono una concessione, un optional, ma riguardano ogni cittadino, sono un valore collettivo e condiviso che indica lo stato di salute di un paese, della sua democrazia, dei rapporti tra le persone che ci vivono.

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