12 aprile 2018 16:24

In Francia c’è uno sciopero. Anzi, trentotto. Per protestare contro la riforma delle ferrovie voluta da Emmanuel Macron, i sindacati hanno deciso di sperimentare un metodo di lotta nuovo con un calendario che prevede trentotto giorni di sciopero in tre mesi.

Il governo vuole modificare lo statuto dei ferrovieri, aprire alla concorrenza, sopprimere di fatto novemila chilometri di linee secondarie, ma non propone nessuna soluzione per ridurre il debito accumulato in questi anni (54 miliardi di euro) né progetti per lo sviluppo del sistema ferroviario.

Macron si preparava a un braccio di ferro solo con la Cgt, il sindacato più forte tra i ferrovieri, lo stesso che nell’autunno del 1995 era riuscito a far arretrare – sempre sulla riforma delle ferrovie – il governo di destra di Alain Juppé. Si ritrova invece ad affrontare un fronte sindacale più ampio, i primi segnali di un allargamento delle proteste ad altri settori e un’opinione pubblica che appoggia sempre di più la mobilitazione: due settimane fa i francesi che approvavano gli scioperi erano il 42 per cento, oggi sono il 46 per cento.

Lo scontro è tra due modelli, servizio pubblico da un lato e deregolamentazione dall’altro, ma anche tra diverse visioni dell’Europa. Per questo i ferrovieri ripetono che la loro battaglia riguarda tutti: se Macron riuscisse a sconfiggerli poi potrebbe far passare più facilmente le altre riforme annunciate, a partire da quella delle pensioni. “Il governo pensava di avere un vantaggio ideologico, ma oggi è sulla difensiva, incapace di spiegare in che modo l’apertura alla concorrenza migliorerà il servizio pubblico o perché un diverso statuto dei ferrovieri ridurrà il debito”, ha osservato Françoise Fressoz su Le Monde. Intanto su un muro dell’università di Tolosa-Le Mirail, occupata da settimane, qualcuno ha scritto: “Maggio ’68. Loro commemorano. Noi ricominciamo”.

Questa rubrica è uscita il 13 aprile 2018 nel numero 1251 di Internazionale, a pagina 5. Compra questo numero | Abbonati

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