08 marzo 2012 00:00

Lars Gustafsson, Le bianche braccia della Signora Sorgedahl

Iperborea, 232 pagine, 12,50 euro

Gustafsson è uno scrittore colto, che scrive romanzi ma anche saggi di filosofia o matematica, con il merito di non esser noioso e che in quest’ultima prova è addirittura di una leggerezza insolita, soprattutto nelle persone d’età. Queste fresche divagazioni, rievocazioni d’adolescenza sono un modo non abituale di affrontare un’impresa autobiografica. La spinta è Proust (tornare allo ieri, diceva, perché se no “con la mia morte sarebbe scomparso non soltanto l’unico minatore capace di estrarre quei minerali, ma anche il giacimento stesso”) ma con la coscienza della “vacuità, vera natura del mondo platonico delle idee”.

La vanità del tutto? Dunque la memoria per quel che si riesce a preservarne, partendo da un’insolita grandinata dell’estate del 1954 e dalle braccia di una bella e annoiata signora dai capelli rossi, sposata a un piatto professore, che si concede un incontro amoroso con il diciottenne Lars. Intorno a questi avvenimenti straordinari, altri turbamenti, sessuali e mentali: le discussioni con gli amici sulla vita, i racconti inconclusi e misteriosi della madre, i ritratti di professori e di pastori. Una storia di formazione dove la solarità dell’estate si sposa con il nascosto e inatteso, e il sesso con la grandine. Filosofia e leggerezza insieme? Un piccolo miracolo.

Internazionale, numero 939, 9 marzo 2012

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