20 marzo 2016 21:15

Horacio Quiroga,Tigre per sempre. Racconti 1917-1935
Einaudi, 348 pagine, 24 euro
Tornano, con una traduzione e una selezione finalmente mature di Jaime Riera Rehren, i racconti più belli di Horacio Quiroga (1878-1937), maestro latinoame­ricano di questo genere letterario. Uruguayano, vissuto a Buenos Aires, Horacio Quiroga era anche esperto della selva tra Argentina, Paraguay e Brasile, quanto e più della vita di città. Suoi maestri furono Poe, Kipling, Maupassant, accessoriamente Čechov (quanto a temi, al suo opposto) e in parte Conrad. Suoi estimatori e “allievi” furono Rulfo e Cortázar (ma non l’aristocratico Borges).

Quiroga è un nome imprescindibile nella letteratura del continente, devoto alla concisione, alla ricerca non gratuita dell’effetto dirompente del racconto (il pugno sulla faccia del lettore da sferrare a un certo punto della narrazione, meglio se verso la fine). Riera ha diviso i racconti in base all’ambientazione, nella selva e quelli in città.

I più memorabili sono quelli dove gli animali pensano e parlano, però da animali. Non sono da meno quelli sugli “ex uomini”, dentro l’indifferente natura o dentro l’indifferente società. Anaconda e Il ritorno di Anaconda restano i più famosi, tra i più belli della letteratura fantastica di ogni tempo. Sono a volte macabri, come fu per certi aspetti macabra la vita di Quiroga, circondato da suicidi e morto anche lui suicida.

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Questa rubrica è stata pubblicata il 11 marzo 2016 a pagina 84 di Internazionale, con il titolo “Un maestro latinoamericano”. Compra questo numero | Abbonati

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