14 maggio 2017 09:30

Witold Gombrowicz, Cosmo
Il Saggiatore, 236 pagine

Gombrowicz è uno dei grandi scrittori del novecento, acre cantore dell’immaturità dell’uomo e del suo tentativo di dare ordine al caos (il cosmo del titolo). La sua filosofia è impervia, dolente, crudele, sarcastica. Ferdydurke, Pornografia, Trans-Atlantico e Cosmo (1965, quattro anni prima della morte) e in teatro Iwona e Operetta sono viaggi comici ed esasperati nell’angustia della condizione umana, e sono sfide al lettore perché sfide al creatore. Due gombrowicziani convinti ripropongono Cosmo: la traduttrice Vera Verdiani e lo studioso Francesco M. Cataluccio.

Non è facile raccontarlo. Due amici trovano nella foresta un passero impiccato a un albero, ma in alto, non può essere stato un bambino. Parte un’investigazione (Gombro­wicz apprezzava molto Scherlock Holmes) metafisica, dove le corrispondenze (tra bocche femminili, paradossali situazioni erotiche e un’altra impiccagione, quella di un gatto) creano una situazione di suspense, orientano e disorientano.

Ossessioni e corrispondenze si dipanano in una narrazione che sfiora la surrealtà, in una lingua provocante e scomposta. E al centro c’è sempre la nostra immaturità, condanna e libertà, desiderio e rivalsa, limite e forza, condannata a cercare l’ordine e a non trovarlo. “Gialli” come questo li sanno scrivere solo i grandi filosofi e teologi, o Kafka e Cervantes. Unico appunto a questa edizione è il prezzo.

Questa rubrica è stata pubblicata il 12 maggio 2017 a pagina 98 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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