20 gennaio 2015 11:44

Un po’ di latino alza sempre il tono di un articolo, quindi eccovi (grazie al classicista dell’Observer) una frase che potrebbe tornare utile a papa Francesco: “Agite tentaque si fortiores vos putatis”. Che tradotto suona più o meno così: “Fatti sotto se pensi di essere abbastanza duro”.

È una cosa molto virile da dire subito dopo aver mollato un pugno a qualcuno, soprattutto se quello sembra pronto a reagire. Di recente Francesco ha dichiarato che “se uno dice una brutta parola su mia madre deve aspettarsi un pugno”. Quindi il santo padre dovrebbe essere pronto all’eventuale reazione, e rivolgendosi alla vittima in latino potrebbe dissuaderla dal colpire il sommo pontefice.

Nella vita reale, naturalmente, le guardie svizzere prenderebbero a calci il malcapitato e poi lo sbatterebbero in galera. Ma Francesco non stava parlando di se stesso. Stava dicendo che i vignettisti di Charlie Hebdo massacrati a Parigi la settimana scorsa se la sono cercata.

“È normale”, ha spiegato il papa. “Non puoi provocare e insultare la fede di un altro. Non puoi prendere in giro la fede di un altro”. Con queste parole Francesco voleva difendere il diritto dei credenti di ogni fede a non essere bersaglio di critiche feroci, caricature e qualsiasi commento che possa urtare i loro sentimenti, e anche il diritto di usare la violenza contro i trasgressori.

Ovviamente sto esagerando. Francesco non ha detto che sparerebbe a uno che insultasse sua madre, o che lo farebbe saltare in aria. Userebbe solo un pugno, niente di più (presumo che si tratti di un “lui” perché sono sicuro che il papa non picchierebbe mai una donna). Ciò non toglie che secondo il pontefice la violenza contro chi insulta una madre o una religione è giustificata, o per lo meno comprensibile.

A questo punto della discussione i giornalisti occidentali scivolano in un dibattito estenuante, in cui alcuni difendono la libertà di espressione a ogni costo e altri sottolineano che non bisogna offendere il credo degli altri, perché non è giusto urtare i loro sentimenti o semplicemente perché si rischia di lasciarci la pelle.

La vicenda offre un’ottima occasione per pontificare sui massimi sistemi (una tentazione a cui nemmeno il pontefice stesso ha potuto resistere), ma la verità è che la discussione non c’entra quasi nulla con il caso in questione, ovvero gli attacchi terroristici a Parigi e la risposta dell’occidente. O pensate davvero che gli attacchi cesserebbero se promettessimo tutti di dire solo cose gentili sull’islam?

Mi sembra improbabile che Said e Chérif Kouachi e Amedy Coulibaly fossero lettori abituali di Charlie Hebdo. Sono stati altri a scegliere l’obiettivo per loro, direttamente (pezzi grossi di Al Qaeda, dello Stato islamico o di qualche altro gruppo jihadista) o indirettamente (il gestore di qualche sito estremista che ha sottolineato quanto la rivista fosse offensiva per l’islam).

I fanatici che gestiscono le reti e i siti estremisti hanno bisogno degli insulti all’islam, delle minacce all’islam e degli attacchi all’islam per reclutare e motivare i giovani che moriranno al posto loro. Se non ci fosse stato Charlie Hebdo avrebbero trovato qualcos’altro. Certo, probabilmente non sarebbe stato offensivo quanto Charlie, ma sarebbe ugualmente servito allo scopo.

Come si legge spesso sui siti degli estremisti, “il 50 per cento del jihad è contro i mezzi d’informazione”. I terroristi vogliono bersagli di alto profilo da colpire per irritare l’occidente, e niente attira l’attenzione dei mezzi d’informazione occidentali più degli attacchi contro i mezzi d’informazione.

Per un’intera settimana, gli attacchi di Parigi (17 persone uccise da tre giovani imbecilli armati) hanno monopolizzato l’attenzione in Europa e in Nordamerica. Ma cosa c’è di nuovo? La scoperta che a Parigi si può acquistare un Kalashnikov? Il fatto che nella capitale francese vivano giovani stupidi affascinati dalla propaganda dell’estremismo islamico?

In fondo si tratta solo di una schermaglia nella lunga… stavo per scrivere in una lunga “guerra”. In realtà l’obiettivo strategico della Francia e di tutti i leader occidentali dovrebbe essere proprio quello di evitare una guerra. Sono gli estremisti a volere una guerra in cui l’occidente “attacca l’islam”, perché questo è il migliore e probabilmente l’unico modo che hanno per conquistare il potere nel mondo musulmano.

Sfortunatamente i mezzi d’informazione occidentali non sanno resistere alla tentazione di trasformare storie come quella di Parigi in un carrozzone mediatico. A peggiorare le cose, i leader occidentali non sanno resistere alla tentazione della pantomima di sfida davanti alle telecamere. “Non siamo in ginocchio. Siamo in piedi. Guardateci, camminiamo in strada con coraggio, uno accanto all’altro”. Come se i terroristi volessero davvero vederli in ginocchio.

Ed eccovi servita la ridicola manifestazione di “solidarietà” dei quaranta leader in prima fila nella marcia di Parigi. Quantomeno Barack Obama ha avuto la decenza di disertare l’evento, anche se è stato aspramente criticato da tutti gli utilissimi idioti convinti che una guerra con l’islam sia ciò di cui ha bisogno l’occidente.

A pensarci bene, nemmeno papa Francesco è andato a Parigi. Forse c’è speranza anche per lui.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it