01 giugno 2018 15:02

Dai Ceaușescu (giustiziati nel 1989) ai Mugabe (deposti da un colpo di stato militare non violento nel 2017) le coppie di sposi alla guida di regimi autoritari hanno la tendenza a trovare una fine rocambolesca. Ora potrebbe essere arrivato il turno dei nicaraguensi Daniel Ortega, presidente, e di sua moglie Rosario Murillo, vicepresidente.

Le proteste che scuotono il Nicaragua da metà aprile sono state innescate da una nuova tassa del 5 per cento sulle pensioni e da un altrettanto modesto aumento dei contributi per la previdenza sociale. È stato un malaccorto tentativo di risanare il bilancio di un sistema assistenziale piuttosto generoso, e il governo ha invertito la rotta non appena sono cominciate le proteste.

Le manifestazioni, però, non si sono fermate. Oggi il bilancio è salito a 90 morti e quasi mille feriti. La vittime sono in maggioranza studenti e cittadini uccisi dalla polizia o dalle bande criminali legate al partito al governo, il Fronte sandinista di liberazione nazionale (Fsln).

Il tentativo dinastico
A questo punto, in discussione c’è la sopravvivenza del “regime” Ortega-Murillo. Parlare di regime è corretto, anche se in Nicaragua, più o meno, ci sono ancora le elezioni. Ortega è arrivato al suo terzo mandato consecutivo dopo aver cancellato il limite dei due mandati previsto dalla costituzione. La legge elettorale è stata modificata per permettere al candidato presidenziale di vincere anche con il 35 per cento dei voti.

Molti nicaraguensi sono convinti che Ortega e la moglie stiano cercando di affermare una dinastia. “Murillo non è la vicepresidente, è la copresidente”, ha dichiarato Agustín Jarquín, in passato alleato politico di Ortega. È appurato che Murillo rilascia dichiarazioni sulla politica del governo più spesso di Ortega.

Gli oppositori più influenti della coppia Ortega-Murillo all’interno dell’Fsln sono stati sistematicamente allontanati dal governo. La corte suprema è composta quasi esclusivamente da persone legate al regime. Gli Ortega e i loro alleati hanno grandi (e poco chiari) interessi nelle emittenti televisive, nelle aziende petrolifere e nel progetto di un canale che potrebbe competere con quello di Panamá.

In realtà la presidenza è un approdo bizzarro per due ex rivoluzionari come Ortega e Murillo, che si sono conosciuti in esilio in Costa Rica quando lo spietato regime del dittatore Somoza governava il Nicaragua. I due si sono poi affermati sulla scena politica sull’onda della rivoluzione sandinista che nel 1979 rovesciò la dittatura.

Voltafaccia strategico
Ortega e Murillo hanno servito lealmente la rivoluzione negli anni ottanta, quando l’amministrazione statunitense di Reagan cercò di distruggerla usando i ribelli “contras” finanziati dalla Cia in una guerra che provocò la morte di trentamila persone. Daniel Ortega è stato eletto presidente nel 1984, ma ha perso le elezioni del 1990 contro una coalizione di partiti d’opposizione.

Si è candidato di nuovo nel 1995 e nel 2000, ed è stato sconfitto dalla stessa coalizione (grosso modo) in entrambe le occasioni. In questo lungo periodo lontano dal potere ha compreso che le sue idee più estreme spaventavano molte persone, decidendo così di smorzare i toni. È probabile che all’inizio sia stato un cambiamento solo strategico, ma ripetendo a lungo quei concetti forse ha finito con il condividerli.

Quando ha vinto le elezioni del 2006, Ortega era un uomo diverso. La retorica marxista era sparita e lui si presentava ormai come cattolico devoto. Ortega e Murillo, dopo aver avuto cinque figli insieme, si sono sposati nel 2005 in una chiesa cattolica. L’ex rivoluzionario sandinista ha vinto le elezioni soprattutto grazie all’alleanza stretta con la potente chiesa cattolica, che tra l’altro ha portato alla proibizione dell’aborto nel paese.

Ortega e Murillo oggi si collocano molto più a destra rispetto al passato

Da allora Ortega ha vinto le elezioni presidenziali altre due volte. Oggi, nella maggior parte dei paesi del mondo, sarebbe considerato un politico di centrosinistra, favorevole allo stato assistenziale ma anche al capitalismo. Molte importanti figure del partito sandinista hanno seguito il suo stesso percorso. Forse una delle prime a completarlo è stata proprio Rosario Murillo.

Molti sandinisti radicali sono scandalizzati dal cambiamento dei loro leader, ma è uno sviluppo abbastanza consueto dopo una rivoluzione. I passi avanti sui diritti umani sono stati mantenuti, ma l’ideologia è minata dalla realtà della vita quotidiana. Di Ortega e Murillo sorprende il fatto che siano riusciti a trovare un equilibrio per così tanto tempo.

Le misure di rafforzamento dello stato assistenziale introdotte dai sandinisti negli anni ottanta sono ancora in vigore, tuttavia oggi Ortega e Murillo si posizionano molto più a destra rispetto al passato. Esiste il forte sospetto che stiano sfruttando il loro potere per costruire un impero economico. Le proteste contro la coppia al governo sono sostenute dalla destra, ma a dominare le manifestazioni sono gli studenti di sinistra.

Gli Ortega probabilmente sono arrivati al capolinea. Il Nicaragua invece no.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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