18 dicembre 2018 10:21

Due mesi fa Mohammed bin Salman ha superato indenne la tempesta scatenata dall’omicidio di Jamal Khashoggi. Una settimana fa ha addirittura partecipato al vertice del G20 a Buenos Aires, convincendo diversi leader a farsi fotografare con lui. Ma la vera minaccia per il suo potere (e forse per la sua vita) è in patria.

Il pericolo non viene certo dall’opinione pubblica. Il principe è molto popolare tra i giovani sauditi, che rappresentano la maggioranza della popolazione e di cui fa parte anche lui, a 33 anni. Bin Salman ha allentato il controllo religioso e sociale (ora le donne possono guidare e addirittura possono andare al cinema) e gran parte dei sauditi non crede nemmeno che sia il mandante dell’omicidio del giornalista.

Il problema di Mohammed bin Salman è la sua famiglia, perfettamente consapevole che è stato lui a ordinare l’omicidio di Khashoggi nel consolato saudita a Istanbul e di cosa significa questo delitto per la posizione del regno nel mondo.

La famiglia reale ha capito che la politica estera del principe è stata un totale disastro, dall’inutile guerra in Yemen al blocco imposto al Qatar, per non parlare della sua politica economica che non è stata certo di successo.

Numeri eccezionali
Inoltre molti sauditi di spicco hanno motivi personali per odiarlo. Alcuni sono stati emarginati bruscamente per facilitarne la rapida ascesa verso il potere assoluto. Altri sono stati rapiti, incarcerati, torturati e si sono visti estorcere miliardi di dollari con il pretesto (spesso infondato) che fossero il frutto della corruzione. Se oggi si tenesse un voto tra i diecimila sauditi più influenti, Mohammed bin Salman sarebbe fatto fuori immediatamente.

Naturalmente le cose non funzionano così. L’Arabia Saudita resta una monarchia assoluta e il principe conserverà il potere fino a quando potrà contare sull’appoggio del suo anziano padre, re Salman. Almeno in teoria. Nella pratica, ha bisogno quantomeno del sostegno (riluttante) della famiglia reale, che considera lo stato saudita come un affare di famiglia in cui tutti hanno voce in capitolo.

Centinaia di esponenti della corte saudita pensano che Bin Salman stia mettendo a repentaglio il loro futuro

Parliamo di una famiglia eccezionale, se non altro in termini numerici: ne fanno parte circa 1.500 persone, in molti casi discendenti del fondatore del regno, re Abdul Aziz Inb Saud. Alla sua morte, nel 1953, il sovrano ha lasciato 36 figli, e oggi ci sono letteralmente centinaia di nipoti.

Tutti questi uomini, le loro mogli e i loro figli e nipoti vivono nel lusso grazie agli affari di famiglia. Quelli che contano sono poche centinaia, ma la loro importanza è enorme e al momento considerano Mohammed bin Salman, probabilmente all’unanimità, come una figura deleteria che sta mettendo a repentaglio il loro futuro.

In che modo potrebbero sbarazzarsi di questa minaccia? In passato la famiglia reale è già sopravvissuta all’allontanamento di un re: un sovrano è stato costretto ad abdicare nel 1964, mentre un altro è stato assassinato dal nipote nel 1975. In entrambi i casi i principi hanno serrato i ranghi e la dinastia ha scelto un nuovo re. In questo l’avvicendamento dovrebbe essere teoricamente più semplice dato che il soggetto non è ancora un re ma solo un principe ereditario.

Magari si potrebbe fare appello al padre, re Salman? Dopotutto il re ha già nominato e poi rinnegato altri due principi ereditari, e sarebbe possibile convincerlo a farlo di nuovo. Il problema di questo approccio è che Mohammed bin Salman controlla ossessivamente l’accesso al re, che ha 82 anni e a quanto pare soffre di una forma lieve di demenza.

Una strada rischiosa
In alternativa, il consiglio di fedeltà, un’istituzione gestita dalla famiglia e creata nel 2006 che si esprime sulle dispute di successione, potrebbe dichiarare re Salman incompetente a causa della malattia, rimuovere il principe ereditario e nominare un altro successore. In assenza di regole più precise, qualsiasi discendente di Abdul Aziz sarebbe idoneo.

Naturalmente chiunque intendesse seguire questa strada rischierebbe la vita, perché il principe è un uomo spietato e sicuramente colpirebbe per primo se sospettasse qualcosa. I cospiratori, comunque, potrebbero trarre incoraggiamento dal fatto che il principe ha arrestato i suoi responsabili per la sicurezza scaricando su di loro la colpa dell’omicidio Khashoggi, un tradimento che ha sicuramente intaccato la lealtà dei loro colleghi ancora al servizio di di Bin Salman.

Ma c’è un altra riflessione che potrebbe scoraggiare anche i più agguerriti nemici del principe. Se dovesse ritenere di aver perso il sostegno della famiglia reale, avrebbe ancora una carta da giocarsi: la guerra con l’Iran.

Lo scontro con Teheran è comunque un obiettivo a lungo termine del principe, ma finora ha preferito aspettare che fossero gli Stati Uniti e Israele a combattere al posto dei sauditi. Se non avesse un altro modo per respingere una manovra familiare contro di lui, è possibile che decida di trascinare unilateralmente in guerra l’Arabia Saudita, confidando nell’intervento di Israele e/o degli Stati Uniti. Evidentemente nel pieno di una guerra nessuno oserebbe attaccarlo sul fronte interno.

Tutto sommato, dunque, è probabile che Mohammed bin Salman conservi il potere, magari portando alla rovina il suo paese.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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