30 gennaio 2013 19:51

Il giornalismo non ha fatto una bella figura con la storia di Lance Armstrong. Per anni, la grande maggioranza dei giornalisti ha creduto, o ha fatto finta di credere, alla favola di Lance. Il ciclista bravo, che sopravvive al cancro e poi vince il Tour de France per sette volte. Sembrava un miracolo. Ma non lo era.

Pochi osavano dubitare di questa bella favola. Ci sono state due ragioni, in fondo, per questo fallimento totale dell’informazione. Una era la comodità. Lance vendeva giornali, libri, e faceva molta audience. È stato il ciclista più famoso di tutti i tempi. Aveva potentissimi sponsor. Aveva molto potere. Era molto più facile chiudere un occhio, o due. Era molto più facile dire che i francesi erano solo gelosi. Era molto più facile raccontare le imprese del cowboy.

L’altra ragione è stata puramente legale. Lance querelava tutti quelli che scrivevano qualcosa sul suo rapporto con il doping. Minacciava. Emarginava. In Inghilterra ha querelato con successo un giornale potente come il Sunday Times. E quindi, per quelli che volevano una vita facile, era meglio non pensare all’epo, al dottor Ferrari, al testosterone, alle sacche di sangue nel frigo del dottor Fuentes. Era meglio credere alla favola.

Ma per alcuni giornalisti questa strada non era quella giusta. Erano pochi, ma non hanno mollato. Sono stati messi in un angolo. Non potevano fare domande alle conferenze stampa. Ma continuavano a indagare. Come veri giornalisti. E piano piano, la verità è venuta fuori. Qualcuno parlava, ad esempio qualche ciclista coraggioso come Filippo Simeone. E qualche giudice indagava. Alla fine il cerchio intorno al Armstrong si è chiuso. Anche grazie a questi giornalisti francesi, inglesi, irlandesi.

Hanno anche un nome e cognome. David Walsh, Paul Kimmage, Pierre Ballester. Adesso questi reporter rilasciano interviste, e i loro libri vendono tantissimo. Ma poco tempo fa erano visti come dei pazzi che volevano solo distruggere il ciclismo. Invece non era così.

Erano gli unici che potevano salvare uno sport che ha vissuto per troppo tempo nell’ omertà. Il loro lavoro dovrebbe essere letto nelle scuole di giornalismo. Sono gli unici eroi di una squallida storia di inganni, bugie, corruzione, leccaculismo, sponsor, soldi, sangue. Una favola che e diventata un incubo.

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