22 dicembre 2014 09:43

C’è stato un momento, un anno e mezzo fa, in cui sembrava che la Corea del Nord fosse sul punto di scatenare una guerra contro la Corea del Sud e gli Stati Uniti. Almeno a giudicare dalle notizie pubblicate dalla stampa di mezzo mondo in fibrillazione. Era la primavera del 2013 e per qualche giorno la terza guerra mondiale è stata dipinta come un’eventualità tutt’altro che remota: si parlava di missili nordcoreani puntati verso obiettivi in territorio americano, con gli esperti di balistica a misurare la capacità di gittata degli armamenti più o meno ipoteticamente in dotazione a Pyongyang.

In rete circolava una foto di Kim Jong-un nella sala di comando da cui, secondo l’agenzia di stampa nordcoreana che l’ha pubblicata, il giovane leader era pronto a sferrare l’attacco contro il nemico imperialista (chiaramente uno strumento di propaganda ad uso interno, come spiegava il sito di analisi NKNews). Appesa a una parete si vedeva una mappa con i presunti obiettivi dei missili Taepodong puntati verso il Nordamerica: San Diego, Washington, le Hawaii e Austin, Texas. Sì, Austin, Texas.

NKNews, tuttavia, sottolineava come gran parte degli esperti escludesse che i nordcoreani fossero davvero in grado di colpire gli Stati Uniti. Puntualizzazione ignorata dai più, tanto che a un certo punto il governatore del Texas, Rick Perry, per nulla sorpreso, constatò che “i nordcoreani hanno capito che Austin oggi è una città molto importante in America”. Non una scena di The interview, il film al centro della guerra cibernetica tra Pyongyang e Washington, ma vita reale. L’emergenza è durata poco più di una settimana, il tempo di riempire qualche prima pagina e di far fare un po’ di straordinari ai pyongyangologi.

Nessuno avrebbe immaginato che, a distanza di venti mesi, la potenza di Kim Jong-un si sarebbe scagliata non sul Texas, ma addirittura su Hollywood. E non sotto forma di missili a testata nucleare, ma tramite le capacità insospettabili di un esercito di hacker.

I missili, del resto, erano un vecchio strumento agitato periodicamente dal padre per cercare di ottenere qualcosa (aiuti o anche solo l’attenzione di Washington) che puntualmente non arrivava. Oggi, se davvero l’hackeraggio contro la Sony pictures è opera sua (l’Fbi lo dà per certo, il governo nordcoreano nega e chiede un’inchiesta congiunta), Kim Jong-un ha fatto centro e ha segnato una nuova era nella guerra di Pyongyang contro il resto del mondo. E probabilmente non avrebbe mai sperato nell’effetto amplificatore innescato dalla reazione dei dirigenti della Sony che, forse memori di quella mappa, hanno creduto alle minacce di attacchi “in stile 11 settembre” e cancellato l’uscita del film.

Quando, nel 2010, Kim Jong-un fu presentato ufficialmente come l’erede al trono del regime nordcoreano, immediatamente si scatenarono le speculazioni su che tipo di leader sarebbe stato quel ragazzo “quasi trentenne” (l’età precisa è tutt’ora un mistero, anche se il suo amico ex star Nba Dennis Rodman assicura che sia nato nel 1983), educato in un collegio in Svizzera e dall’aspetto molto più simile al nonno – l’eterno presidente Kim Il-sung – che al padre – Kim Jong-il, il satrapo sovrappeso dall’acconciatura bizzarra e con problemi di alcol.

Gli esperti concordavano nel sostenere da un lato che l’inesperienza e l’impreparazione avrebbero portato Kim Jong-un a proseguire sulla linea tracciata dal padre e basata sulla politica del “military first”, affidandosi all’apparato di governo esistente e agli uomini di fiducia di Kim Jong-il, almeno in un primo momento. Dall’altro speravano che la giovane età e il fatto che avesse studiato in Europa si sarebbero tradotti in un’apertura maggiore che, addirittura, avrebbe potuto portare la Corea del Nord verso un’epoca di riforme. Nulla di tutto ciò, almeno per ora.

Dopo alcuni mesi all’insegna della continuità, in cui le uniche novità sembravano confinate all’immagine – la comparsa di una first lady al fianco di Jong-un agli eventi ufficiali, vista per la prima volta a un concerto di musica pop con i personaggi Disney che ballavano sul palco, o l’amicizia con Rodman –, sono arrivate le prime epurazioni ai vertici del potere, segnale che il giovane Kim si era evidentemente ambientato.

Con l’attacco informatico contro il film che lo sbeffeggia, il giovane Jong-un ha svecchiato in un baleno l’immagine del regime sull’orlo del tracollo, dotato dell’esercito più grande del mondo ma equipaggiato con vecchie armi sovietiche, dando prova di essere all’altezza di una guerra nuova e sofisticata.

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