24 agosto 2020 17:25

Cinque anni fa, quando mi sono trasferita in California, ho piantato un pesco Red Baron nel mio cortile. Scelsi quell’albero per via dei suoi appariscenti fiori rosa e della sua capacità di produrre frutti senza aver bisogno di molte notti fresche. Per nove secoli la California del sud, con i suoi inverni freschi e le estati miti, è stata perfetta per questo tipo di albero.

Ho piantato il Red Baron perché era adatto al clima che avevamo. Ma quel clima oggi non esiste più. La temperatura nella zona dove vivo è già aumentata di due gradi rispetto all’epoca pre-industriale, il doppio rispetto alla media globale. Nell’arco di tempo relativamente breve che ho trascorso in California ho assistito a una siccità durata anni, sono stata costretta a lasciare la mia abitazione a causa degli incendi e ho vissuto ondate di caldo senza precedenti.

Gli alberi, come tutte le creature viventi, hanno bisogno di tempo e stabilità per crescere. Ma oggi non abbiamo più nessuno di questi elementi fondamentali. Il cambiamento climatico non minaccia solo gli alberi del mio cortile. Di recente è arrivata la triste notizia che gli incendi hanno causato la morte di alcune delle più maestose sequoie costiere della California. Quei giganti avevano resistito per oltre mille anni.

Per la mia generazione e quelle che seguiranno, il semplice atto di piantare un albero si è trasformato in un atto di fede. Non so quanto tempo passerà prima che i miei alberi vengano uccisi dalla siccità o dal fuoco. Come possiamo pensare di pianificare il futuro dei nostri figli se non riusciamo a prevedere nemmeno quello delle nostre piante?

Doppia emergenza
In questo momento i miei amici che vivono in varie aree della California stanno affrontando una serie di disastri, dal cambiamento climatico alla pandemia di covid-19.

A metà agosto un’ondata di caldo ha travolto la zona occidentale del paese. A quanto pare nella valle della Morte, l’area desertica tra California e Nevada, è stato raggiunto un nuovo record mondiale della temperatura: 54,4 gradi. Da San Francisco a Phoenix, in Arizona, la popolazione ha dovuto fare ampio ricorso all’aria condizionata, mettendo a dura prova la rete elettrica della California (lo stato importa energia dagli stati vicini). La richiesta di corrente elettrica ha superato le disponibilità, e i fornitori hanno cominciato a effettuare interruzioni a rotazione. La causa di tutto questo è il cambiamento climatico. Oggi negli Stati Uniti occidentali la probabilità che si verifichi un’ondata di caldo è cinque volte superiore rispetto al passato.

A peggiorare la situazione, durante le interruzioni di corrente la California è stata colpita da un numero insolito di fulmini che hanno squarciato l’oscurità del paesaggio con scariche di elettricità dal cielo. Queste tempeste hanno provocato una serie di incendi nella California del nord, costringendo più di centomila persone a lasciare le loro case. Il cambiamento climatico ha incrementato il rischio di roghi e allungato la stagione degli incendi. Siamo soltanto ad agosto, ma la quantità di terra bruciata in California nel 2020 è già superiore al totale del 2019.

Sullo sfondo di questi disastri climatici c’è una pandemia che appare ancora fuori controllo e che rappresenta un ostacolo per tutti quelli che vorrebbero mettersi al sicuro. Non è facile decidere di cercare riparo in casa di un amico o in un centro di accoglienza sapendo che in circolazione c’è una malattia estremamente contagiosa.

Con l’arrivo dell’ondata di caldo molte centrali alimentate dai combustibili fossili hanno smesso di funzionare

Anche le persone che teoricamente sono “al sicuro” in casa devono affrontare diverse difficoltà. L’interruzione della corrente elettrica ha costretto molti californiani a una scelta drammatica: aprire le finestre e respirare l’aria carica di fumo o tenerle chiuse e soffocare per il caldo. Una mia amica ha postato una foto in cui indossa una mascherina N95 con valvola di esalazione sotto una mascherina chirurgica: la prima serve per proteggersi dal fumo, la seconda per proteggere gli altri dal virus.

Non voglio vivere in un mondo in cui dobbiamo decidere quale mascherina indossare in base al disastro del momento, ma questo è il mondo che stiamo creando. E abbiamo appena cominciato ad alterare il clima. Immaginate cosa succederà quando il livello di surriscaldamento sarà raddoppiato o triplicato, cosa che ci avviamo a fare.

Il cambiamento climatico non sta solo destabilizzando la rete elettrica della California. La costa orientale degli Stati Uniti si trova ad affrontare una stagione degli uragani dagli effetti devastanti. Quasi 1,5 milioni di persone hanno già subito interruzioni di corrente. Una tempesta di vento senza precedenti – qualcuno l’ha definita “un uragano dell’entroterra” – ha privato di energia elettrica 250mila persone nella regione del midwest.

Eppure, nonostante tutto questo, c’è ancora chi pensa che il cambiamento climatico non sia la causa dei disastri che affliggono la California. Di recente il Wall Street Journal ha pubblicato un editoriale fuorviante in cui si sostiene che la “colpa” delle interruzioni di corrente sia della dipendenza dalle energie rinnovabili.

Ma la verità è che con l’arrivo dell’ondata di caldo molte centrali alimentate dai combustibili fossili hanno smesso inaspettatamente di funzionare, riducendo la quantità di elettricità disponibile. Le centrali a gas soffrono particolarmente il caldo. Ironia della sorte, in un pianeta sempre più caldo i combustibili fossili diventeranno meno affidabili. La rete elettrica californiana è collegata a quella di altri stati; di conseguenza, quando un’ondata di caldo fa impennare la richiesta di energia nella regione sudoccidentale del paese – per esempio in Arizona e in Nevada – la quantità di corrente elettrica che la California può impostare diminuisce. A causa della riduzione delle precipitazioni e degli anni di siccità (provocata in parte dal cambiamento climatico) molte delle centrali idroelettriche dello stato operano a regime ridotto.

Solidarietà verde
Anche gli errori umani hanno contribuito a causare le interruzioni di corrente. L’agenzia che si occupa di gestire la rete ha fatto confusione sulle centrali ancora produttive. Uno stabilimento alimentato da energie rinnovabili – una centrale che usa l’energia geotermica – ha prodotto più energia di quella prevista dal gestore. L’amministratore delegato della rete elettrica californiana ha sottolineato che le rinnovabili “non sono una causa” delle interruzioni.

Il mio fornitore di energia elettrica ha espresso lo stesso concetto in una email che invitava le persone in possesso di un impianto fotovoltaico a contribuire a generare energia. Nonostante i gestori abbiano criticato per più di un decennio le agevolazioni per gli impianti fotovoltaici, oggi le case che producono energia in eccesso la immettono nella rete aiutando i vicini che hanno bisogno. L’abbondanza di energia pulita è una buona cosa.

La California deve andare avanti sulla strada intrapresa negli ultimi anni, e continuare a essere leader mondiale nella creazione di un’economia pulita. Nel 1978 lo stato fissò i suoi primi obiettivi in merito all’energia pulita, puntando all’1 per cento di elettricità generata dall’eolico. Quarant’anni dopo, le leggi statali hanno fissato l’obiettivo del 100 per cento di energia pulita entro il 2045.

Oltre a potenziare la sua strategia, la California deve convincere anche gli stati del midwest e del sud a fare lo stesso. La promessa di Joe Biden (candidato democratico alle presidenziali del 2020) di arrivare al 100 per cento di energia pulita entro il 2035 ci mostra quale sia la leadership di cui il paese ha bisogno in questi tempi di crisi. Ripulire il nostro sistema di fornitura elettrica ci permetterebbe di eliminare circa l’80 per cento delle emissioni di anidride carbonica, perché potremmo usare l’energia pulita per alimentare case, automobili e alcune industrie. Per riuscirci bisognerà lavorare duramente, ma nel frattempo creeremmo posti di lavoro ben retribuiti che non potrebbero essere spostati in paesi dove la manodopera costa meno.

In California abbiamo scoperto qual è l’impatto dei combustibili fossili: hanno avvelenato le comunità, inquinato l’aria e provocato una quantità mai vista di incendi, ondate di caldo e siccità. A questo punto non si può tornare indietro.

Sono ancora convinta che sia possibile affrontare con successo la crisi climatica. Per questo continuo a piantare alberi da frutto nel mio cortile. L’ultima volta che li ho contati erano 34, uno per ogni anno che ho vissuto. Non so fino a quando resisteranno, ma farò tutto ciò che potrò per garantirgli un futuro.

Quello che sta succedendo in California ha un nome preciso: cambiamento climatico. Ma non è inevitabile. Un mondo migliore è possibile. Per tutti noi, per i nostri figli e anche per i nostri alberi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Questo articolo è uscito sull’Atlantic.

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