24 marzo 2016 20:03

“Ricordo, per esempio, che dopo il concerto di Youssef Bazzi, io, Mood, Mona e altri amici siamo andati nell’appartamento di Moud a Garden City e abbiamo fatto le ore piccole fumando hashish in diversi modi, cominciando con la tecnica del bicchiere e finendo con qualche canna, mentre univamo le nostre forze per fare onore a una bottiglia di vodka. Vedevo la musica trasformarsi in scimmie appese al soffitto. C’era una biondina, una tedesca, che seguiva il ritmo con le gambe: erezioni a intermittenza. C’era anche un palestinese americano che parlava male arabo e non la smetteva più di parlare di razzismo. Fumo, sigarette, hashish, ancora fumo. Kika mi ha guardato, gli occhi vitrei pesantemente truccati.

‘Bassam, mi è entrato il fumo negli occhi’.

‘È curabile, baby’.

Tiro fuori un fazzoletto di carta, glielo metto sull’occhio, soffio. La tedesca ci guarda stranita: ‘Sapete che esiste un feticcio sessuale che consiste nel leccare l’occhio?’.

Moud dice che una volta lo deve aver letto da qualche parte. Kika protesta e dice che fa schifo, mi abbraccia. Cosa fanno i ventenni al Cairo? Si leccano gli occhi, leccano la fica, succhiano il cazzo, leccano per terra e fumano hashish mischiato con i sonniferi? Fino a quando questi feticismi continueranno a essere eccitanti e nuovi, capaci di dare vita? Tutti noi che siamo seduti in questa stanza abbiamo già provato un’infinità di droghe da giovani, all’università e dopo. Adesso siamo isole deserte e, allo stesso tempo, troviamo un senso per le nostre vite solo quando ci incontriamo qui. Ci succhiamo la gioia di vivere gli uni dagli altri, come i vampiri. […] Con il tempo diventa chiaro che le droghe annoiano. O, per essere più precisi, che non bastano. Se qualcuno sprofonda nella neve muore in pochi mesi. Discorso della scienza e dell’empirismo. Noi sopravvissuti, in questa stanza, siamo troppo vigliacchi per mettere fine alla nostra vita in questo modo, o in qualsiasi altro modo. Forse perché siamo ancora appesi a un filo di speranza, legati all’amore, all’amicizia…”.

Qualcuno potrebbe pensare che il bollettino della parrocchia è diventato audace e ha deciso di usare un metodo a impatto per fare la morale. Altri penseranno che l’esistenzialismo dei trentenni può assumere le forme più svariate. Altri ancora, che hanno già letto qualcosa di simile almeno seicento volte. Ci sarà chi penserà che è molto audace e fico. Forse niente di tutto questo ci interesserebbe se non fosse che Ahmed Nagi, l’autore di queste parole, è egiziano, e ultimamente questa è una cosa che si paga molto cara.

Nagi ha ventinove anni e questo brano appartiene al suo romanzo Istikhdam al Hayat (L’uso della vita), pubblicato dalla casa editrice libanese Dar al Tanweer e apparso a puntate sulla rivista egiziana Akhbar al Adab nell’agosto del 2014. È stato allora che qualcuno (egiziano e rigorosamente anonimo) ha presentato una denuncia alla polizia: leggendo quelle parole ha avuto un calo di pressione e delle palpitazioni, con gravi rischi per la sua salute e/o vita. Ahmed Nagi è stato arrestato, poi il caso è stato archiviato. Ma in seguito alle pressioni dei mezzi di informazione e della politica, la pubblica accusa ha presentato ricorso e nel nuovo processo ha spiegato che quelle descrizioni volgari della sessualità e dei suoi strumenti erano “una malattia che distrugge i valori della nostra società”. Il tribunale ha condannato lo scrittore a due anni di carcere. In Egitto queste cose ultimamente succedono spesso.

L’avvocato di Nagi ha presentato un nuovo ricorso. Nel frattempo lo scrittore è in carcere. Il Cairo si trova a 3.300 chilometri da Madrid, a 2.900 da Barcellona. Un ragazzo che finisce in carcere perché ha scritto un romanzo è un’altra di quelle cose strane di fronte alle quali non ci viene in mente cosa fare, niente.

Noi, occidentali civili ricchi e cristiani, siamo più moderni. Nessuno ha messo in carcere Luna Miguel, una poeta di Barcellona, per aver pubblicato El dedo, un libro in cui si dà ampio spazio alla masturbazione. Ma Facebook, ci mancherebbe altro, ha chiuso il suo account per aver parlato del libro: il progresso, è evidente, ha i suoi vantaggi.

(Traduzione di Francesca Rossetti)

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