Non importa quanto tempo passate a leggere libri su Come decidere o Come pensare con chiarezza: difficilmente troverete riferimenti al sistema usato nella tribù azande dell’Africa centrale per prendere le decisioni. Quando i suoi componenti si trovavano davanti a un dilemma, somministravano del veleno a una gallina e ponevano la domanda “all’oracolo del veleno”. Se la gallina sopravviveva, la risposta era “sì”, se moriva era “no”. Ovviamente era un atto di crudeltà nei confronti delle povere bestie. Ma a parte questo, era un modo davvero assurdo per prendere una decisione? L’antropologo E.E. Evans-Pritchard, che negli anni venti visse presso la tribù, pensava di no.

“Tenevo sempre una scorta di veleno e regolavamo le nostre faccende in base alle decisioni dell’oracolo”, scriveva, aggiungendo: “Era efficiente come qualunque altro modo di gestire i miei affari”. Penserete che sia uno scherzo. Dopotutto, era un metodo basato sulla superstizione che dava responsi puramente casuali. Ma se qualche volta la casualità fosse proprio quello di cui abbiamo bisogno?

Recentemente alcuni neuroscienziati statunitensi hanno pubblicato i risultati di un esperimento condotto sui ratti, dimostrando che in certe situazioni imprevedibili i roditori smettono di decidere in base alle esperienze passate. Il loro cervello passa invece alla “modalità casuale”. Secondo i ricercatori, questo ha uno scopo preciso: di solito le esperienze passate sono utili, ma quando il livello di incertezza è molto alto possono diventare fuorvianti, e quindi affidarsi al caso è la cosa migliore. Anche noi esseri umani, quando ci troviamo davanti a qualcosa che non ci è familiare, possiamo essere fuorviati dall’esperienza, anche perché la filtriamo attraverso vari pregiudizi irrazionali.

Secondo quei libri su come pensare con chiarezza, dovremmo cercare di superare i pregiudizi facendo calcoli più razionali. Ma c’è anche un altro modo per aggirarli: fare come i ratti e scegliere a caso. In certi campi dell’attività umana l’utilità delle scelte casuali è nota da tempo: l’andamento della borsa, per esempio, è così imprevedibile che, per citare l’economista Burton Malkiel, “una scimmia bendata che lancia freccette alle pagine di finanza di un quotidiano potrebbe scegliere un portafoglio di azioni che funziona quanto uno attentamente scelto dagli esperti”.

L’esperimento è stato poi ripetuto con delle scimmie simulate, che hanno addirittura ottenuto risultati migliori degli esperti. In genere, però, “diamo per scontato che le decisioni migliori nascano da un’analisi empirica e da una scelta informata”, come ha scritto di recente Michael Schulson sulla rivista Aeon.

Ma pensate alla tradizione dell’antica Grecia di affidare alcune cariche pubbliche a persone estratte a sorte, osserva Schulson. La casualità purifica un processo che potrebbe essere inquinato dalla corruzione. La casualità potrebbe essere utile anche nella vita quotidiana. Per le piccole decisioni è un risparmio di tempo: se scegliete un piatto a caso sul menù potete tornare subito a chiacchierare con gli amici.

Per quelle più grandi, è un modo di ammettere che non siamo in grado di prevedere le complesse conseguenze di una scelta. Siamo realistici: per le decisioni più importanti, tipo chi sposare, affidarsi al caso è assurdo. Ma se provate ad aumentare il quoziente di casualità per le scelte marginali, soprattutto quando il livello di incertezza è alto, potreste scoprire che è vantaggioso. Però evitate di avvelenare le galline.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

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