15 maggio 2013 12:37

La morte il 14 maggio di Daniele Carella in seguito alle ferite ricevute porta a tre il numero di vittime di Mada Adam Kabobo. Questo cittadino del Ghana di 31 anni, arrivato irregolarmente in Italia, all’alba dell’11 maggio ha aggredito diverse persone a colpi di piccone per le strade della piccola località di Niguarda, vicino a Milano. Subito arrestato, Kabobo non ha potuto spiegare chiaramente il suo gesto e agli investigatori ha detto solo di “aver sentito delle voci che gli dicevano di fare delle cose cattive”.

Questo tragico fatto di cronaca non aiuta di certo la ministra dell’integrazione Cécile Kyenge. Prima donna nera a diventare ministro, Kyenge vorrebbe nel corso del suo mandato abolire il reato di immigrazione clandestina creato nel luglio del 2009 dal governo Berlusconi sotto la pressione della Lega Nord e avviare una riflessione sull’introduzione in Italia dello ius soli al posto dello ius sanguinis.

Ma già all’indomani di questa strage, domenica 12 maggio, la Lega Nord aveva montato dei gazebo per raccogliere firme contro la “cittadinanza facile per gli immigrati”, come se ci fosse un legame di causa-effetto tra le prime dichiarazioni della ministra e l’accesso di follia di Kabobo. Tra la ventina di militanti presenti si notava la presenza dell’eurodeputato Mario Borghezio, noto per le sue dichiarazioni razziste. Diversi abitanti di Niguarda hanno chiesto loro di andare via e di non strumentalizzare questo dramma.

“Messaggio pericoloso”

Ex ministro dell’interno e segretario generale della Lega, il presidente della regione Lombardia Roberto Maroni ha preso le distanze dai suoi militanti più esagitati, ma anche dalla ministra: “Lo ius soli non passerà mai. Non esiste in parlamento una maggioranza su questo progetto e il governo potrebbe saltare”. Secondo Maroni parlare dell’abolizione del reato di clandestinità è “un messaggio pericoloso rivolto al candidato all’immigrazione e ai trafficanti, che potrebbe far pensare loro che ormai in Italia vi sia un clima più favorevole”.

Tuttavia secondo i dati della direzione generale della giustizia penale pubblicati il 23 maggio su Repubblica, il reato di clandestinità – che prevede una multa da cinquemila a diecimila euro – è stato applicato solo 12 volte. E non ha certo impedito alle navi di migranti di avvicinarsi alle coste dell’isola di Lampedusa.

Ma Cécile Kyenge potrebbe non trovare molta solidarietà neanche all’interno del suo governo. Infatti lo stesso presidente del consiglio Enrico Letta ha riconosciuto che non sarà facile portare avanti le due idee care alla sua ministra. Del resto il capo dell’esecutivo non ne ha parlato nel suo discorso introduttivo, che dovrebbe diventare la base contrattuale del governo di coalizione. Un modo per farle capire che ci sono altre priorità.

Serie di insulti

Per il Popolo della libertà (Pdl), contrario a qualunque modifica, questi temi sono di stretta competenza del ministero dell’interno, il cui responsabile è Angelino Alfano, segretario dello stesso Pdl. È molto probabile che il Partito democratico non cercherà lo scontro frontale su questo tema troppo delicato. Infine anche Beppe Grillo, il leader del Movimento 5 stelle, ha riaffermato la sua opposizione allo ius soli.

Oculista, arrivata in Italia all’età di 18 anni, Cécile Kyenge è nata in Congo da un padre cattolico e poligamo. E la stessa ministra ha candidamente – o coraggiosamente – confessato di avere più di trenta tra sorelle e fratelli. Questo dettaglio sarebbe senza importanza se i suoi avversari non lo avessero subito utilizzato per accusarla di fare l’apologia della poligamia. E fin dalla sua nomina ha ricevuto una lunga serie di insulti.

Il gruppuscolo di estrema destra Forza Nuova ha esposto uno striscione razzista e offensivo davanti alla sede della sezione del Partito democratico di Macerata a cui la ministra è iscritta: “Kyenge, torna in Congo”. L’ex senatore della Lega Nord Erminio Boso è sulla stessa lunghezza d’onda: “Sono razzista, non lo ho mai negato. Kyenge deve rimanere a casa sua, in Congo. È una straniera nella mia casa. Chi ha detto che è italiana?”. Per il suo collega Borghezio, la sua nomina “è una scelta del cazzo, un elogio dell’incompetenza (…). La Kyenge ha un’aria da casalinga”.

Paziente e ostinata, Cécile Kyenge – che ha ricevuto il sostegno del calciatore del Milan Mario Balotelli, regolarmente fischiato negli stadi a causa del colore della sua pelle – spiega che vuole “portare avanti i suoi progetti”, se possibile lontano dalle polemiche. “Gli italiani non sono razzisti”, vuole credere questa donna.

Traduzione di Andrea De Ritis.

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