11 ottobre 2013 12:27

Bisogna parlare di corda in casa dell’impiccato? Ero sul punto di tessere le lodi del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, per aver gestito con grande maestria la resa di Silvio Berlusconi, quando all’improvviso mi è sorto un dubbio. La prima volta l’ho ignorato. No, non è possibile! Non lui! Avevo sentito il suo appello in parlamento una decina di giorni fa per sensibilizzare i parlamentari a votare un’amnistia per i reati minori, allo scopo di svuotare le prigioni sovraffollate. Ma chi poteva immaginare che Berlusconi avrebbe potuto rientrare in questo atto di clemenza?

Il 2 ottobre il voltafaccia del Cavaliere e le critiche generali sembravano averlo definitivamente condannato. Lo scrivevo fiducioso e sereno. Ed ecco che Napolitano riapre i giochi. Per di più sullo stesso argomento. Di nuovo escono dalla sua bocca le parole “clemenza”, “amnistia” e “riduzione di pena”. Ma questa volta la pulce è arrivata fino all’orecchio. E se il voto

in extremis del Cavaliere moribondo in favore del governo Letta avesse una contropartita, cioè un salvacondotto per il condannato? E se tutto questo non fosse altro che un teatrino con dei burattinai nascosti nell’ombra?

In ogni caso questo è quello che pensa il mio vicino di casa, il tabaccaio e il cuoco del mio ristorante romano preferito. Di solito replico assumendo la tipica aria di francese cartesiano: “Nooo, Berlusconi ormai è morto. E se questa volta non lo ha ucciso il voltafaccia che ha fatto in parlamento, lo farà di certo il discredito che si porta dietro”. Ma oggi non ne sono più così convinto. E se qualcosa si tramasse nell’ombra tra il Quirinale, palazzo Chigi e palazzo Grazioli, sede romana di Berlusconi di cui ormai nessun lettore di questo blog ignora la metratura?

Ho troppo rispetto per Napolitano - che di recente mi ha fatto sapere che qualche post di questo blog non gli era piaciuto - per mettere in dubbio la sincerità della sua lotta contro il sovraffollamento carcerario. È vero, si tratta di uno scandalo e ha ragione a denunciarlo. È vero, troppa gente marcisce in celle troppo anguste per reati troppo piccoli (ufficialmente 64.758 detenuti per 47.615 posti). È vero, la saggezza e l’umanità di cui il capo dello stato non manca raccomandano di offrire loro delle pene alternative, o di sopprimere alcune leggi come quella che assimila un fumatore di spinelli a un trafficante o un immigrato clandestino a un criminale. Ma in questo momento si può parlare di “indulgenza” senza pensare subito a colui che potrebbe approfittarne per primo?

I giornali - a parte il Fatto quotidiano del 9 ottobre - assicurano che un atto di clemenza non cambierebbe nulla nel destino di Berlusconi, condannato per frode fiscale e che sarà comunque dichiarato decaduto dal suo mandato di senatore. Intanto i processi per gli altri reati (caso Ruby) continuano. Voglio crederlo. Ma all’improvviso non sono più sicuro di niente.

(Traduzione di Andrea De Ritis)

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