27 gennaio 2010 00:00

1. Naïf Hérin, Oui, maman

“La mia bambina silenziosa, intellettuale” è diventata una delle voci originali in circolazione a cavallo tra Italia e Francia: partita da Aosta, Christine Hérin in arte Naïf ha già sulle spalle un certo rodaggio. Ora* È tempo di raccolto*: una messe di stravaganze, tra singoli fatti per il mercato transalpino e ballate sghembe con la chitarra di Marc Ribot. Ci sono idee e curiosità, e anche le battaglie private di chi cerca di farsi largo in mezzo al traffico a cavallo di aspirazioni artistiche. Sì, forse bisogna essere naïf. Ma anche dotati di estro e cocciutaggine.

2. Vampire Weekend, Diplomat’s son

Figli estrosi e naïf della buona borghesia, i quattro ragazzi di New York sembrano capaci di tutto: prima fanno il pieno di critiche positive dagli snobboni di Pitchfork, dopo vengono ritratti con simpatia sul New Yorker; e poi piombano direttamente in vetta alle classifiche di Billboard con il nuovo album Contra. Compongono canzoni piene di energia positiva, basate su matrici ritmiche africane e tutte collocate in un universo parallelo postcoloniale e trasognato: un gintonic in una mano, un Kipling nell’altra e tutto il mondo, via wifi, ai loro piedi.

3. Gorillaz, Stylo

Sembra un incrocio tra la colonna sonora di *1997: Fuga da New York *e un pezzone soul elettrificato: synth pesanti, ritmi programmati, il vocione vintage di Bobby Womack che irrompe sul vocino di Damon Albarn, e il rap via megafono di Mos Def per buona misura: è tutto un citazionismo dai decenni pop precedenti, ma in qualche modo (forse proprio per questo) riesce a suonare molto 2010: fuga dalla banalità. È abbastanza per apparecchiare l’attesa di Plastic beach, il secondo vero album del finto gruppo, in arrivo con la primavera/estate.

Internazionale, numero 831, 29 gennaio 2010

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