28 giugno 2012 00:00

1. [dEUS][1], Quatre mains

“Les idées reçues qui sonnent mieux en stéréo”. Conferma che le voci narranti in francese nobilitano qualsiasi scaracchio. Specie se esalate alla maniera di Serge Gainsbourg, come fa qui Tom Barman, il cantante adeguatamente dotato di voce alcolica e fumatrice. La migliore band belga da bistrot di tutti i tempi normalmente pensa fiammingo, e ora sceglie di snobbare l’inglese per questo singolo, molto noir e atmosphérique, dall’album Following sea. Rabberciato in fretta e furia ma superiore a tante cose meditate di autori meno ingegnosi.

2. [The Van Houtens][2], John Ferrara & Betty Karpoff

“Sono già finite le holidays, magari ci sentiamo su MySpace”. A volte ci si perde nel book is on the table e lo spelling delle lyrics è davvero disappointing; le indie band spesso confidano troppo nel proprio inglese maccheronico; l’inglese di questi piemontesi è invece macdonaldico, come dimostra il singolotto It’s a beautiful day, già scippato a scopo spot dai leader del ramo hamburger. Ma il loro album convenientemente intitolato Flop (così al limite possono dire che l’avevano detto) è divertente tutto, patchanka bianca sotto il sole.

3. [Teresa Salgueiro][3], A paixão

Perfetto come commento per documentari sui lastricati di Cascais sotto la pioggia, O mistério è il nuovo lavoro dell’ex cantante dei Madredeus, l’ottima formazione di Lisbona che divenne, sotto la guida di Wim Wenders e con una manina dell’intellighenzia anni novanta, un sinonimo della nobile lagna multiculti e pseudo/fado. Dopo lo scioglimento, la voce da brividi segue sentieri impervi dell’elegia d’autrice. La saudade è irredimibile ma suona bene, e per bacalao quanta anima e accordéon, certo più che in cheeseburger, cozze e patatine.

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Internazionale, numero 955, 29 giugno 2012

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