1. Manuel Volpe, Albore
È una canzone, è il titolo dell’album, è uno stato d’animo: una tensione purificante, primordiale; pianoforte e percussioni africane, afflati di afrojazz spirituale, ma anche un’intelaiatura di songwriting intelligente. Una progressione lenta, il senso di una navigazione e i fiati e il coro yoruba (dal delta del Congo): tutto concorre a tessere un incantesimo fluente. Volpe (marchigiano classe 1988) compone, arrangia, suona e offre il suo canto sommesso: con un senso della parola magica e un tocco da rabdomante. Da tenere a mente.

2. Rokia Traoré, Sé dan
Una diversità celebrata a cavallo del mondo, ma sempre a partire dall’Africa. Una canzone-predicozzo con Devendra Banhart che si dà da fare su chitarra e cori e Toni Morrison che dà una mano con i giri di parole. E Rokia Traoré, artista del Mali che canta in bambara, francese o inglese. Nel suo ultimo, infiammabile album, Né so (ossia “da me”, “a casa mia”), fa incontrare culture musicali diverse: qui ci sono strumentisti maliani, l’ex Led Zeppelin John Paul Jones, i Kronos Quartet e il chitarrista italiano Stefano Pilia dei Massimo volume.

3. Signor K (feat. Inoki Ness), Fratello mare
Questo racconto che parte dall’Africa (e richiama nel titolo una poesia del poeta turco Nazim Hikmet) è un’incisiva narrazione dell’odissea dei migranti sulle mulattiere di mare e di morte tra la Libia e Lampedusa. Dietro al nome d’arte kafkiano Signor K c’è Emanuele Belotti, un attivista/ricercatore/sociologo milanese che ci sa fare con le parole. Al dramma sonoro provvede Bonnot degli Assalti Frontali e l’album, Saremo tutto, gronda hip-hop duro, impegnato e a fior di pelle. Una specie di Public Enemy de noantri.

Questa rubrica è stata pubblicata l’11 marzo 2016 a pagina 90 di Internazionale, con il titolo “Ripartire dall’Africa”. Compra questo numero | Abbonati

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