01 settembre 2020 17:27

1. Mariah Carey feat. Lauryn Hill, Save the day
Prodotti derivati pop: dall’imminente collezione Rarities, che celebra i trent’anni della Mariona, diva pop di voce acrobatica e di sensualità e bizze leggendarie, una canzone rimasta fin qui ferma allo stato di abbozzo, costruita in appoggio ai vocalizzi registrati da un’altra diva, Lauryn, per i cori della fenomenale versione di Killing me softly (hit di Roberta Flack nel 1973) registrata dai Fugees. Perché “we’re all in this together”, di qualsiasi cosa si tratti: un “andrà tutto bene” in musica, via da una caipirinha.

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2. Jónsi feat. Elizabeth Fraser, Cannibal
E gli islandesi che bjorkeggiano, con quelle voci virtuose nell’esprimere infinite complessità e magari anche dare un po’ sui nervi. Ma l’ex leader dei Sigur Rós, che ora che si è messo in proprio e celebra la scienza gay disco, duetta con un’altra cantante cult, Elizabeth Fraser già dei Cocteau Twins e poi prestata ai Massive Attack di Mezzanine. Ed esorcizza il fatto di essere stato spesso paragonato a lei. Un divismo sublimato da super-eroi del pop altissimo di intenti e mezzi vocali, da usare come sveglia celeste per la vita.

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3. Gaia, Coco Chanel
Italobrasileira, sul pezzo, milionaria in stream, emotività trattenuta da post lockdown: voglia di evadere, un sorso dal Guaranà di Elodie (il tormentone che ha vinto il 2020), un viaggio con la fantasia che “poi ci perdiamo / se poi litighiamo / se poi lì ti amo”, trottolina permalosa che al posto di seguire la vena neotropicalista di Chega, canzone da veterana della scuola De Filippi, si sottrae alla nicchia esotica per raccontare in forma stringata, con il richiamo modaiolo del titolo e un video che cita Erwin Olaf, una fetta di jeunesse anaffettiva.

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Questo articolo è uscito sul numero 1373 di Internazionale. Compra questo numero | Abbonati

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