12 maggio 2020 17:30

Nelle filmografie di grandi registi ci sono film che sono considerati “minori”. È quasi inevitabile che accanto a film come Il padrino e Apocalypse now, L’uomo della pioggia di Francis Ford Coppola, tratto da un romanzo di John Grisham, possa sembrare meno importante. Ma, come io e mio fratello dicevamo sempre dei film “minori” di Woody Allen, se lo avesse fatto qualcun altro staremmo lì a gridare al capolavoro. Oltretutto siamo di fronte a un film di un genere, un genere statunitense quasi più del western, cioè il film giudiziario e che a sua volta può contenere tutti i generi (dramma, thriller, commedia eccetera). E L’uomo della pioggia ne contiene parecchi.

Oltre a Matt Damon, protagonista nei panni del giovane avvocato idealista Rudy Baylor, e Danny DeVito, meraviglioso compare, splendido e meschino, tutto il cast è clamorosamente azzeccato e ogni attore ha il suo momento di gloria. Come Claire Danes nei panni della fragile ragazza picchiata dal marito: sembra un’altra persona rispetto alla maniacale Carrie Mathison di Homeland. Come Jon Voight, attore di classe sopraffina che in un suo sguardo riesce a trasmettere gran parte delle contraddizioni del sistema assicurativo negli Stati Uniti.

Come Virginia Madsen, la vendicativa e disperata Jackie Lemancyzk, anello debole di un mostro tutto maschile. Come Danny Glover, Mary Kay Place, Dean Stockwell, Roy Scheider… E ovviamente come Mickey Rourke che interpreta l’avvocato colluso con la mala, Lyman J. Stone, Bruiser per gli amici. Ah, quanto vorrei poter citare la causa “Carmine Desoto contro il Club Ruby” almeno una volta nella vita. Bellissimo infine il tema di Elmer Bernstein che con poche note ci trasporta nel grande stato del Tennessee.

L’uomo della pioggia
Di Francis Ford Coppola. Con Matt Damon, Danny DeVito, Jon Voight, Claire Danes, Mary Kay Place, Danny Glover. Stati Uniti 1997, 135’. Netflix

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