È il contrario del “matrimonio per tutti”. Questo fine settimana la Romania voterà un referendum per inserire nella costituzione una norma secondo cui il matrimonio dev’essere necessariamente tra un uomo e una donna. La formula attuale è neutra.
Probabilmente la risposta del popolo rumeno sarà “sì”, e questo bloccherebbe per molto tempo qualsiasi possibilità di legalizzare il matrimonio tra persone dello stesso sesso in un paese che fa parte dell’Unione europea. L’unica incertezza riguarda l’affluenza, che dev’essere almeno del 30 per cento per convalidare il risultato. Per questo diverse organizzazioni delle società civile stanno lanciando appelli al boicottaggio.
La consultazione nasce da un’iniziativa popolare che ha raccolto tre milioni di firme quando ne sarebbero bastate cinquecentomila per organizzare il referendum.
La campagna elettorale ha prodotto eccessi vergognosi. Uno dei principali quotidiani rumeni, Romania libera, ha abbinato il titolo “Nuovo ordine lgbt” a una foto che mostra un soldato nazista in uniforme nera. Alcune mail inviate a catena avvertono i rumeni che se il matrimonio per tutti fosse approvato, le coppie gay ruberebbero i loro bambini.
La “coalizione per la famiglia”, nome del gruppo che ha voluto il referendum, è sostenuta dalla potente chiesa ortodossa ma anche dal Partito socialdemocratico al potere, accusato di corruzione e convinto che questa manovra possa premiarlo alle prossime elezioni.
Oggi la maggioranza dei 28 stati dell’Unione riconosce il matrimonio o un’unione civile per tutti. La Romania è uno dei pochi paesi che non soltanto si muove in direzione opposta, ma non riconosce nemmeno le unioni contratte all’estero.
Su quest’ultimo punto, Bucarest potrebbe essere costretta a cedere da una recente sentenza della Corte di giustizia europea, ma lo stesso tribunale concede a ogni stato il diritto di autorizzare o meno le unioni tra persone dello stesso sesso all’interno della normativa nazionale.
Quando osserviamo una mappa del continente, partendo dall’Europa occidentale che ha largamente legalizzato il matrimonio gay e spostandoci verso est, emerge un degrado progressivo fino ad arrivare al divieto che si profila in Romania.
Il peso della religione, evidentemente, non è lo stesso in tutta Europa. In particolare la chiesa ortodossa resta forte, e agisce in molti paesi come una forza conservatrice.
Il rapporto con l’omosessualità è diventato un simbolo delle differenze tra le diverse società e tra i diversi sistemi politici. Se proseguiamo verso est, infatti, troviamo Vladimir Putin, che cita spesso l’omosessualità come segno della decadenza dell’occidente. Far parte della comunità LGBT in Russia non è affatto facile.
In Romania non siamo ancora arrivati a questo punto, ma gli attivisti gay temono che il referendum possa rafforzare l’omofobia. Nelle grandi città la società civile è attiva e dinamica, ma nel resto del paese, rurale per il 50 per cento e privato della popolazione più attiva da un’emigrazione massiccia, il peso della tradizione è maggiore, rafforzato da una chiesa ortodossa che ha paura dell’Europa.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it