12 febbraio 2019 10:46

Non si può accusare Viktor Orbán di incoerenza. Il primo ministro ungherese si è proposto come paladino della lotta contro l’immigrazione in Europa, e di conseguenza non può che difendere una politica sulla natalità quasi eccessiva, con uno slogan semplice e chiaro: “Vogliamo neonati ungheresi, l’immigrazione è una capitolazione”.

Nel discorso alla nazione pronunciato il 10 febbraio, il primo ministro ha annunciato misure radicali per favorire un aumento della natalità: esonero a vita dalle tasse a partire dal quarto figlio, un prestito a tasso ridotto di dieci milioni di fiorini (32mila euro) per tutte le donne sposate con meno di quarant’anni, non rimborsabile a partire dal terzo figlio, e un aiuto per l’acquisto di una vettura a sette posti.

Questo catalogo si accompagna a una posizione ideologica forte, incentrata sul rifiuto dell’immigrazione. Lo spauracchio è l’Europa occidentale, in particolare la Germania che bilancia il suo calo della natalità facendo ricorso all’immigrazione. Orbán accusa Bruxelles di aver imposto questa soluzione a tutto il continente.

Popolazione in calo
Il problema della natalità è una chiave per comprendere l’evoluzione dell’Europa centrale e orientale. Tra l’altro, il calo demografico si accompagna all’esodo dei giovani. In Ungheria la media è di 1,45 figli per donna, contro l’1,58 di quella europea. In Francia, l’anno scorso, è stato dell’1,87 per cento.

A questa debole fecondità si aggiunge il peso della partenza di centinaia di migliaia di ungheresi, espatriati per vivere e lavorare nel resto d’Europa. La popolazione ungherese si sta riducendo, esattamente come succede in altri paesi della regione: dai dieci milioni di abitanti di oggi, l’Ungheria potrebbe ritrovarsi con appena otto milioni di abitanti nel 2050 se la situazione attuale dovesse persistere.

Orbán coltiva un’immagine ultraconservatrice del ruolo della donna, inchiodata al suo compito di riproduttrice e madre

Per un ex impero è un trauma che si aggiunge a quello della ricomposizione delle frontiere alla fine della prima guerra mondiale, che ha fatto perdere a Budapest milioni di abitanti a beneficio dei paesi vicini. Lo spopolamento è un problema serio per un’economia che non ha più manodopera a sufficienza ma rifiuta di fare ricorso agli stranieri.

Viktor Orbán ha una visione del mondo fortemente ideologica. Coltiva un’immagine ultraconservatrice del ruolo della donna, inchiodata al suo compito di riproduttrice e madre, e combatte qualsiasi idea vagamente femminista tagliando i fondi delle ong e degli studi delle università sulle questioni di genere.

Così il premier ungherese va controcorrente rispetto all’evoluzione delle società urbane moderne, in Ungheria come nel resto del mondo, e per questo aggiunge una dimensione di missione nazionale per salvare l’occidente cristiano.

Orbán fa sostanzialmente appello al sacrificio delle donne per proteggere la nazione davanti alle orde di barbari a cui, a suo parere, gli europei dell’ovest hanno aperto le porte (naturalmente quelle dell’inferno). Magari non servirà ad avere più neonati ungheresi, ma di sicuro farà guadagnare voti alle europee.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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