È sicuramente uno dei grandi paradossi creati dalla guerra voluta da Vladimir Putin: il conflitto in Ucraina ha prodotto un riavvicinamento tra l’Unione europea e la Nato, ovvero l’esatto opposto di quanto sperava il presidente russo e qualcosa che la Francia non auspicava di certo.

I leader delle due organizzazioni, le cui sedi a Bruxelles sono distanti pochi chilometri ma che per molto tempo si sono tenute a distanza reciproca, si sono incontrati il 10 gennaio. Da un lato Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato, dall’altro Ursula von der Leyen e Charles Michel, a rappresentare l’Unione europea. I tre hanno firmato una dichiarazione che promette di portare la cooperazione “a un livello successivo”.

Può sembrare banale, ma non c’è niente di scontato in questo rapporto. Per buona parte della sua esistenza l’Ue è rimasta in disparte in tutte le questioni che riguardavano la difesa, anche perché una parte dei paesi che la compongono aveva scelto una posizione neutrale, mente gli altri agivano all’interno della Nato. La Francia è rimasta a lungo all’esterno delle strutture militari della Nato, pur facendo parte dell’alleanza. Questa complessità rendeva preferibile la scelta di escludere le tematiche della difesa da una Unione che aveva già i suoi bei problemi a realizzare l’integrazione economica.

Un gesto senza precedenti
L’Ucraina non ha portato esattamente una rivoluzione. I 27, infatti, avevano già cominciato a cambiare orientamento prima della guerra di Putin, soprattutto su iniziativa della Francia. Nel discorso pronunciato alla Sorbona nel 2017, l’anno della sua elezione, Emmanuel Macron aveva invocato una “autonomia strategica” europea.

È servito un po’ di tempo per avanzare, ma già nel 2019 Von der Leyen aveva descritto la Commissione europea di cui è presidente come un’entità “geopolitica”. Considerando che la definizione ha preceduto di tre anni la guerra in Ucraina possiamo dire che Von der Leyen ci avesse visto lungo. Da allora i 27 hanno fatto alcuni piccoli passi, come la creazione di una linea budgetaria dedicata a programmi di armamento comuni.

Parigi ricopre un ruolo nella Nato soprattutto con la sua presenza militare in Romania e nei paesi baltici

Quando è scoppiata la guerra, i paesi dell’Unione hanno compiuto il gesto senza precedenti di consegnare armi all’Ucraina. Si è trattato di una piccola rivoluzione culturale, anche se bisogna ricordare che la maggior parte degli aiuti militari è arrivata su base bilaterale, con il coordinamento della Nato e sotto l’egida degli Stati Uniti.

Qual è la situazione attuale dell’autonomia strategica europea? Questa è la domanda cruciale, perché la guerra in Ucraina e il ruolo centrale ricoperto dagli Stati Uniti hanno fatto il gioco della Nato, al momento l’unica proposta affidabile sul continente.

I paesi del “fronte est” come gli stati baltici o la Polonia, preoccupati dalla guerra condotta a pochi chilometri dai loro confini da un paese che conoscono fin troppo bene (la Russia), vogliono la protezione della Nato e soprattutto di Washington. Due paesi neutrali, la Finlandia e la Svezia, hanno addirittura deciso di entrare nella Nato, lasciando in posizione neutrale solo quattro stati sui 27 dell’Unione (Austria, Cipro, Irlanda e Malta).

La Francia ha scelto un atteggiamento realista accettando il fatto che la brutalità della guerra renda fuori luogo lo slogan dell’autonomia. Parigi ricopre un ruolo nella Nato soprattutto con la sua presenza militare in Romania e negli stati baltici, nell’attesa di giorni migliori. La difesa europea, fino a quando esisterà una minaccia alle frontiere, sarà garantita dalla Nato, e negarlo significherebbe coltivare un’illusione. Questo è il senso del testo firmato il 10 gennaio a Bruxelles.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it