Il 17 gennaio 1961 il presidente statunitense Dwight Eisenhower, ex generale ed eroe della Seconda guerra mondiale, pronunciò il suo ultimo messaggio alla nazione prima della fine del suo secondo mandato. In quell’occasione Eisenhower lanciò un avvertimento agli americani: “Nei concili di governo dobbiamo guardarci da ogni influenza ingiustificata, sollecitata o meno, esercitata dal complesso militare-industriale. Il rischio di una disastrosa ascesa di un potere illegittimo persiste e persisterà. Non dobbiamo mai permettere a questa combinazione di mettere a rischio le nostre libertà e il nostro processo democratico”.

Il 15 gennaio, Biden aveva sicuramente in mente lo spirito di questa celebre citazione da parte di un suo predecessore (seppur repubblicano) quando ha pronunciato il suo ultimo messaggio prima della conclusione del mandato. Il presidente, infatti, ha lanciato un avvertimento che riecheggia quello del 1961, ma in questo caso ha parlato del rischio del “potenziale avvento di un complesso tecno-industriale che potrebbe presentare gravi rischi per il nostro paese”.

Secondo Biden, che lascerà il posto a Donald Trump il 20 gennaio, “in America sta prendendo forma un’oligarchia che può contare su ricchezza, potere e influenza, un’oligarchia che insidia la nostra democrazia, i nostri diritti fondamentali, le nostre libertà e la possibilità per ciascuno di noi di vivere serenamente”. Il presidente ha esortato i cittadini statunitensi a diventare “guardiani della fiamma”. A chi credete che si riferisse?

Il primo nome che viene in mente è quello di Elon Musk, ma non dobbiamo dimenticare altri magnati della tecnologia americana che negli ultimi giorni hanno manifestato la loro vicinanza a Trump, a partire da Mark Zuckerberg, capo di Meta, e Jeff Bezos, padrone di Amazon.

In questo senso è giusto utilizzare il termine forte “oligarchia”, anche se rimanda al contesto russo post sovietico più che a quello americano. Secondo il vocabolario Treccani, l’oligarchia descrive un “gruppo ristretto di persone che esercita, generalmente a proprio vantaggio, un’influenza preponderante o una supremazia in istituzioni, organizzazioni ed enti economici, amministrativi e culturali”.

Per bocca dei loro sostenitori, i miliardari della tecnologia si dicono “delusi” dallo schieramento democratico e ribadiscono di voler agire in nome della libertà di espressione. Ma oltre al fatto che sopprimere le verifiche delle informazioni (come ha annunciato il proprietario di Meta, Mark Zuckenberg) non ha alcun legame con la libertà di espressione, il punto della questione è un altro.

Alla base del matrimonio tra Trump e una parte della Silicon Valley c’è prima di tutto una questione di potere. Il potere politico del presidente eletto e quello dei nuovi baroni dell’economia americana, cioè i vertici del settore tecnologico. Sono loro che oggi costituiscono la punta di diamante della potenza economica degli Stati Uniti. Dunque, quello che è in atto davanti ai nostri occhi è un matrimonio d’interesse.

Le conseguenze sono assolutamente concrete. In un video pubblicato la settimana scorsa, Zuckerberg ha invitato la futura amministrazione Trump a intervenire per ridurre la regolamentazione, soprattutto nel caso dell’Europa.

Di recente il Financial Times ha riferito che diversi pezzi grossi della Silicon Valley – da Palantir ad Anduril, a cui si è aggiunto Elon Musk – hanno stretto un’alleanza per accaparrarsi una fetta più grande dei contratti del Pentagono, a spese delle industrie del secolo scorso come Boeing, Raytheon o Lockheed Martin.

Sono queste le motivazioni dell’attacco di Joe Biden contro il “complesso tecno-industriale”. Al momento di tirare le somme, il vecchio timoniere democratico ha deciso di avvertire i suoi concittadini del pericolo di un nuovo mondo inquietante, a cui lui non ha saputo opporsi.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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