È uno dei flagelli della nostra epoca: la diplomazia degli ostaggi. Da sempre le organizzazioni criminali o terroriste, nazionali o internazionali, prendono degli ostaggi. Negli ultimi anni, però, in un sistema internazionale indebolito i casi di “ostaggi di stato” si sono moltiplicati.
Un ostaggio di stato è una persona trattenuta con un pretesto qualsiasi da un governo che si nasconde dietro uno pseudo-processo giudiziario. È il caso di Cécile Kohler e Jacques Paris, due francesi arrestati in Iran a maggio del 2022. Come succede spesso, la loro incarcerazione arbitraria è stata giustificata con accuse di spionaggio. È capitato a molti negli ultimi anni, e oggi la buona notizia è che nelle carceri iraniane non ci sono più cittadini francesi.
Naturalmente non possiamo far altro che gioire per la liberazione di Kohler e Paris, annunciata la sera del 4 novembre dal presidente Emmanuel Macron in persona. Allo stesso tempo, però, è naturale provare rabbia per il fatto che i due abbiano dovuto trascorrere più di tre anni nella famigerata prigione di Evin, a Teheran, al centro di un sistema tra i più repressivi al mondo.
Qual è la logica della “diplomazia degli ostaggi”? In sostanza sono moneta di scambio. A gennaio scorso la giornalista italiana Cecilia Sala è stata arrestata in Iran, prima di essere “scambiata” con un ingegnere iraniano fermato a Milano e ricercato dalla giustizia statunitense per traffico di tecnologia militare.
Rapporti tesi
Qual è il prezzo per la liberazione di Kohler e Paris? A settembre il capo della diplomazia iraniana aveva dichiarato che i due francesi sarebbero stati liberati in cambio della scarcerazione di un’iraniana arrestata in Francia, Mahdieh Esfandari, detenuta da sei mesi per “apologia del terrorismo” a causa della sua attività online. Al momento non è chiaro se ci sia stato un accordo, ma l’Iran non libera mai gli ostaggi senza ottenere niente in cambio.
Il regime iraniano non è l’unico ad agire in questo modo. Nel 2018, quando la manager del gruppo cinese Huawei è stata arrestata in Canada su richiesta degli Stati Uniti, Pechino ha immediatamente incarcerato senza motivo due canadesi, liberati dopo tre anni quando la dirigente cinese è rientrata nel suo paese.
Nel caso dell’Iran è poco probabile che ci siano state concessioni politiche. I rapporti tra Parigi e Teheran si sono deteriorati da quando a settembre la Francia, come il Regno Unito e la Germania, ha fatto pressione per ripristinare le sanzioni delle Nazioni Unite contro l’Iran a causa del mancato rispetto dell’accordo sul nucleare. La liberazione dei due francesi cancella un ostacolo, ma di sicuro non rende più facile il dialogo politico.
La diplomazia francese si guarda bene dall’usare l’espressione “ostaggi di stato” con l’Algeria, per evitare di peggiorare una situazione già tesa. Ma lo scrittore franco-algerino Boualem Sansal, detenuto da un anno ad Algeri, rientra pienamente in questa categoria, così come il giornalista francese Christophe Gleizes, condannato a sette anni di prigione con un’accusa assurda dopo essere stato arrestato durante un reportage in Cabilia. Possiamo davvero credere che Sansal e Gleizes sarebbero stati incarcerati se Parigi e Algeri fossero state in buoni rapporti?
Davanti agli ostaggi di stato i governi occidentali sono impotenti. E lo stesso vale per l’Onu e per la giustizia internazionale. L’unica soluzione, dunque, è negoziare e, spesso, cedere (senza dirlo) alle condizioni imposte dai sequestratori. Anche se si tratta di stati con cui in futuro bisognerà trattare ancora. Un atteggiamento cinico, ma efficace.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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