05 luglio 2020 13:12

Nella cittadina francese di Suresnes, situata sulla sponda opposta della Senna rispetto a Parigi, c’è una strada intitolata a Noor Inayat Khan e nella stessa via c’è una scuola elementare che porta lo stesso nome. Oggi in città sono in pochi a sapere chi fosse questa donna, sebbene i bambini a scuola ricevano qualche informazione superficiale su di lei.

Tanto i francesi quanto i pachistani, come tutto il resto del mondo, dovrebbero sapere chi fosse Noor Inayat Khan. Come Arthur J. Magida narra nel suo libro Code name Madeleine: a sufi spy in nazi-occupied Paris (Nome in codice: Madeleine. Una spia sufi a Parigi sotto l’occupazione nazista), una delle figlie del sufista Hazrat Inayat Khan ebbe il coraggio di lavorare come spia al servizio dei britannici. Lavorando come operatrice radio, Noor trasmetteva a Londra i messaggi delle varie cellule della resistenza diffuse sul territorio francese. Grazie al suo operato, i britannici potevano organizzare al meglio gli attacchi contro i nazisti tedeschi.

Noor Inayat Khan non era stata cresciuta per intraprendere una simile missione: come prima figlia di Hazrat Inayat Khan era stata educata secondo i princìpi di armonia, pace e unità fra gli esseri umani. Prima della guerra aveva studiato tutti i testi religiosi e tenuto lezioni sul sufismo. Aveva studiato alla Sorbona e viaggiato ogni giorno dalla sua casa a Suresnes a Parigi; la sua casa, detta Fazal Manzil, era un imponente edificio di mattoni lungo i pendii di una montagna che torreggia sulla città. A Fazal Manzil, viveva con la madre Ora, una donna statunitense che aveva sposato Hazrat Inayat Khan, sua sorella Claire e i suoi fratelli Vilayat e Hidayat.

Inayat Khan teneva le lezioni per i suoi studenti sufi a Fazal Manzil; in estate, la famiglia affittava un intero palazzo per dare un posto dove alloggiare alle tante persone che affollavano la piccola cittadina. Noor trascorreva molto tempo a discutere di filosofia o di temi mistici con suo padre e i suoi fratelli, occupandosi anche delle faccende di casa, visto che la madre Ora passava gran parte del tempo da sola e a letto.

Erano stati educati all’insegna della pace, ma adesso dovevano affrontare una guerra

Poi, tutto andò in frantumi. Prima Hazrat Inayat Ali Khan andò in India, paese dove non aveva più messo piede dal suo primo viaggio verso l’occidente; poi, dopo pochi anni, scoppiò la guerra. Quando Hitler cominciò la marcia per imporre il suo dominio sull’Europa, in pochi credettero che potesse arrivare fino in Francia; le cose andarono diversamente.

La guerra era scoppiata nel 1939 e dopo un po’ aumentò la paura che i tedeschi potessero conquistare il paese. Così, nel 1940 Noor, la madre e i fratelli, dopo aver radunato qualche bene di valore, lasciarono Suresnes alla volta della loro destinazione definitiva: il Regno Unito.

Noor e la sua famiglia non avevano altra scelta, eppure questa vicenda le diede modo di interrogarsi su quanto lei e i suoi fratelli dovessero sostenere i britannici nella lotta contro i nazisti. Ebbe animate discussioni con i suoi familiari su quale fosse la scelta migliore dal punto di vista morale in quella situazione; erano stati educati all’insegna della pace, l’amore e la forza interiore, ma adesso dovevano affrontare una guerra. Dopo aver discusso a lungo, fino al giorno della partenza per Londra, lei e suo fratello Vilayat decisero che avrebbero partecipato attivamente alla resistenza contro Hitler e i nazisti. Erano stati educati secondo i princìpi del sufismo, che insegna ad affrontare le avversità della vita con integrità e forza di volontà anziché fuggire di fronte ai problemi.

Noor Inayat Khan nell’uniforme di ausiliaria dell’aeronautica britannica. (Imperial war museum)

Questa scelta guidata dai princìpi della sua fede portò Noor Inayat Khan a lavorare nello Special operations executive britannico (Soe), che operava nella Parigi occupata attraverso missioni di spionaggio. Trasportando la sua strumentazione in una enorme valigia che pesava 13 chilogrammi, il suo compito era di trovare luoghi adatti per montare la postazione e trasmettere i messaggi.

La storia di Noor Inayat Khan non ci insegna solo il coraggio, ma dimostra anche come i grandi sconvolgimenti della storia ci pongano di fronte a scelte difficilissime. Senza dubbio Noor era consapevole dell’ironia della sorte che la portava a combattere i nazisti in nome del Regno Unito proprio quando tutto il subcontinente indiano lottava contro il colonialismo britannico; e anche se questo aveva non poca importanza per lei, la situazione le impose di schierarsi contro i nazisti tedeschi che stavano attuando lo sterminio sistematico degli ebrei.

Senza tirarsi indietro
La sua vicenda è importante anche perché è quella dell’ennesima eroina musulmana ancora oggi esclusa dai libri di storia. Gli storici occidentali, indubbiamente influenzati dal preconcetto che vuole tutti i musulmani come antisemiti, hanno negato a Noor il posto che le è dovuto; anche le femministe occidentali hanno ignorato la sua figura perché distante dallo stereotipo della donna musulmana schiava della società.

Tutto questo deve cambiare. La figura di Noor Inayat Khan può essere, con la sua capacità di trovare l’equilibrio tra fede, rispetto dei propri doveri verso la famiglia e compimento del proprio dovere per il bene superiore dell’umanità, di grande ispirazione per le giovani donne musulmane. La sua storia dimostra come una donna musulmana abbia potuto giocare un ruolo fondamentale nella lotta ai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

Alla fine Noor fu catturata dai nazisti, imprigionata per un anno e infine uccisa nel campo di concentramento tedesco a Dachau. Fino al suo ultimo istante di vita, mantenne la sua dignità e la sua dedizione al bene dell’umanità. La vita di Noor Inayat Khan è un esempio da seguire. Non si è tirata indietro di fronte alle avversità che la storia le ha posto davanti, né è fuggita dalle sue responsabilità verso la famiglia e il paese; le sue decisioni si sono basate su un’attenta considerazione. Il nuovo libro su Noor è il primo che narra le sua vicenda attraverso l’uso di documenti storici e merita di essere pubblicato in Pakistan, dove la sua figura riscuoterà molto successo.

(Traduzione di Maria Chiara Benini)

Questo articolo è uscito sul quotidiano pachistano Dawn.

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