30 novembre 2012 20:54

M’ama, non m’ama? M’ama, non m’ama? Da giorni la diplomazia israeliana si aggirava per Roma con margherite in mano e sguardo rivolto verso i palazzi.

I tedeschi avevano già espresso la loro posizione, dai francesi nessuno si aspettava nulla e tutti speravano che gli spagnoli avrebbero cambiato idea all’ultimo momento. Ma gli italiani? Proprio quell’Italia che poco più di un anno fa aveva promesso che non avrebbe mai lasciato solo Israele. L’Italia, alleata numero uno (a volte anche la numero due) d’Israele, quella che nel maggio del 2011 (governo Berlusconi) aveva promesso di amarlo, consolarlo, proteggerlo nei momenti di necessità!

È possibile desiderare una relazione e un amore che durino tutta la vita come per i matrimoni cattolici? Il tradimento, invece, è avvenuto quasi in diretta. Le avvisaglie c’erano già, come sempre, anche se nessuno le ha volute vedere.

Alla fine, si pensava in Israele con il classico ottimismo dell’ultimo momento, un governo tecnico, impegnato com’è, non avrà mai il tempo di pensare, rivedere e poi cambiare posizione. E poi, dopo tutte quelle visite e gli incontri bilaterali…

Invece l’Italia ha espresso il suo no votando sì all’assemblea generale dell’Onu a favore del riconoscimento alla Palestina dello status di stato osservatore.

“Non cambia niente”, borbottavano a denti stretti gli israeliani prendendo un bel respiro per mantenere la calma. Alla fine è solo l’Onu, lo stesso definito nel 1957 da David Ben Gurion uno

shmumo, praticamente un niente, espressione diventata un mantra per sminuire l’organizzazione che non ha sempre deciso come gli israeliani avrebbero voluto. “È cambiato tutto”, festeggiavano i palestinesi per strada. Con quella gioia ed emozione nella anche quale gli israeliani avrebbero potuto riconoscersi, se solo avessero voluto.

Finita la gara di popolarità (campo in cui gli israeliani non hanno mai saputo brillare), tutti sono andati a dormire. Chi solo, chi in compagnia, chi per festeggiare un possibile futuro, chi decidendo come ritorsione la costruzione di tremila nuovi insediamenti nelle colonie, ripetendo vecchi errori del passato.

Oggi, svegliato con il mal di testa del giorno dopo, circondato da margherite schiacciate e tante memorie amare da aggiungere, Israele ha lanciato uno sguardo preoccupato a destra, un altro a sinistra, ha contato su meno di due mani gli ultimi amici rimasti. Ha pensato di nuovo che tanto non è cambiato niente, che forse è colpa della pioggia e all’inverno da passare sotto una coperta singola.

Ma se anche fosse così, se niente è cambiato, Israele si ritrova sempre come una volta. Solo.

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