Nel 2009 il 56,3 per cento degli studenti italiani si è laureato fuori corso. Secondo i dati del ministero dell’istruzione, il numero di studenti che non hanno completato il percorso accademico nel tempo previsto è cresciuto costantemente tra il 1969 e il 2009.
Uno studio di Aina, Baici, Casalone e Pastore pubblicato su lavoce.info analizza le possibili spiegazioni del fenomeno. Non c’è un tempo massimo entro il quale completare il piano di studi, vale solo la durata legale. Manca in molti casi il test di ammissione, che permette l’iscrizione ai corsi universitari indipendentemente dalla motivazione e dal livello di preparazione. In molti atenei non è necessario superare tutti gli esami previsti durante un certo anno accademico per accedere a quello successivo ed è possibile sostenere ciascun esame più volte. Le lezioni in aule sovraffollate scoraggiano la frequenza e rendono difficile l’interazione tra docenti e studenti. La politica di ridurre le tasse per gli studenti iscritti oltre il periodo minimo previsto non incoraggia la laurea nei tempi stabiliti. Le scarse opportunità lavorative per i neolaureati costituirebbero un forte disincentivo a completare regolarmente gli studi.
Che fare dunque? Innanzitutto bisogna rafforzare le attività di orientamento nelle scuole superiori e regolamentare gli accessi all’università, riducendo anche l’eccessiva flessibilità nella programmazione degli esami da parte degli studenti. Occorre poi ripensare il sistema delle tasse universitarie, introducendo maggiori incentivi a un percorso di studi regolare.
Internazionale, numero 946, 26 aprile 2012
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