Sono di nuovo in tour. Ma non canto, firmo; e non musica, libri. Ormai ogni città ha il suo festival letterario, e l’anno di pubblicazione di un libro diventa occasione di infiniti reading, incontri con i lettori e firma delle copie. Data la natura di questo mio libro – un romanzo autobiografico e una riflessione sul canto – mi trovo spesso su un palcoscenico a parlare del mio terrore del palcoscenico, e il pubblico può temere che io venga colta all’improvviso da un attacco di panico. Ma questi eventi non suscitano, in me, la stessa reazione dei concerti: la paura del palcoscenico è sostituita dall’ansia della fila. Mi preoccupo che dopo l’incontro non si presenti nessuno a farsi firmare una copia del libro o – ancora peggio – che sarò seduta vicino a un autore di best seller che ha una fila di lettori che arriva fino a fuori della porta.
A parte questo, ho scoperto che la vita dello scrittore on the road è molto simile a quella del musicista rock, se non altro per il susseguirsi di quei momenti devastanti per l’autostima di cui è costellata l’illusione della celebrità. L’ultima volta, una libreria aveva pile del mio libro, Bedsit disco queen (Regina della disco da monolocale), ordinatamente disposte su un apposito tavolo, sotto un cartello scritto a mano su cui si leggeva “Bedsit beauty queen” (Reginetta di bellezza da monolocale). Un titolo che fa pensare a un libro di tutt’altro genere – e che leggerei molto volentieri – pieno di consigli su come applicare il mascara davanti allo specchio rotto del bagno e con poca luce.
Arrivando da sola in un’altra libreria per la firma delle copie, sono stata accolta da una commessa che non mi aspettava né sapeva chi fossi. Imbarazzata e dispiaciuta, ha cercato di scusarsi alla fine della serata. “Mi dispiace tanto”, ha spiegato. “Temo di essere troppo giovane per sapere chi è lei”.
Stavolta, invece, ho fatto la strana esperienza di essere presentata al pubblico come “Tracey ANNE Thorn”, un nome che mi ha riportato di colpo alla mia infanzia, mettendomi addosso la spaventosa sensazione che da un momento all’altro sarei stata sgridata dalla mamma. Dopodiché mi sono seduta in palcoscenico con Viv Albertine per parlare delle difficoltà che incontrano le donne nella musica, anche se la situazione aveva qualcosa di paradossale, visto che le nostre voci erano sovrastate dal gruppo rock che suonava in un tendone vicino.
Oggi negli alberghi ci sono più ‘stile’ e più ‘design’, anche se questo significa semplicemente tanti cuscini e poca luce
La differenza più grande rispetto agli anni in cui ero sempre in tour sono gli alberghi. Prima dell’avvento dei boutique hotel, gli alberghi erano economici e squallidi o costosi e anonimi. Oggi ci sono più “stile” e più “design”, anche se questo significa semplicemente tanti cuscini e poca luce. È cambiato il “tono”, e perfino le grandi catene cercano di essere trendy e accoglienti. In uno di questi posti, noto una saponetta accanto al lavandino. Sull’involucro di carta si legge a grandi lettere:
Datti alla pazza gioia
Scattano i campanelli d’allarme, guardo meglio e leggo più in piccolo:
Se hai esagerato con il cioccolato,
questo sapone lava il peccato.
Se sei in vena di lussuria,
questo sapone è una goduria.
Oh santo cielo. A chi si rivolgeva? Non certo a me, una cinquantaduenne che aveva appena guardato Mad men sul treno e ora se ne stava nella sua camera d’albergo a meditare davanti a una tazza di tè allo zenzero. È in momenti come questo che ti senti più lontana da casa. Scoprire che il posto in cui ti trovi non è pensato per la persona che sei, ti fa sentire ancora più sola e frustrata.
Non c’è niente di peggio delle rock star che, all’apice del successo, scrivono interi album su questo tipo di alienazione, lamentandosi del servizio in camera o preoccupandosi di quello che vogliono trovare in camerino. Eppure, capisco che possa succedere. Certe crisi di nervi da metallari alla Spinal Tap sono ridicole, certo, ma anche umane. I capricci da bambini viziati sono imperdonabili, ma ho il sospetto che spesso nascano dalla solitudine.
E ora lo faccio anch’io! Sono qui che sospiro infastidita dall’umorismo adolescenziale della carta della saponetta, sbuffo per il letto troppo pieno di cuscini e la mancanza di una lampada da lettura sul comodino, e mi accorgo di un ronzio acuto e persistente che non so da dove arrivi. È il condizionatore? Un termosifone? La ventola del bagno? No, non riesco a localizzarlo e mi innervosisco, mentre mi sento sempre più sola e assalita dalla malinconia della vita on the road. E naturalmente poi dormo come un sasso.
(Traduzione di Diana Corsini)
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