29 giugno 2019 10:00

È finita, basta scuola, e non solo per l’estate ma, come dice la canzone, per sempre. Basta con le matite, basta con i libri, basta con le uniformi o i nomi sulle etichette, con i quadrimestri o le serate dei genitori, con le giustificazioni per motivi di salute o le richieste di permesso, basta offrirsi volontari per le gite di un giorno o riempire moduli per le allergie o i vaccini.

Basta premi o punizioni, recite scolastiche o giornate sportive; basta concerti natalizi, pranzi, feste dell’estate o passeggiate sponsorizzate, basta vendite di biscotti o colazioni di beneficenza. Basta compiti a casa, prove in classe o ripasso. Tutto finito, perché il più giovane ha fatto l’esame finale delle superiori e adesso non ci resta che aspettare i risultati ad agosto. Finiscono così quasi vent’anni trascorsi da genitore di scolari.

A un evento di fine anno l’altra sera un insegnante mi ha chiesto: “Allora come ti senti? Triste perché è tutto finito?”. Io ho liquidato la cosa con una risata: “No, no, sto bene”, ho risposto. “È pronto ad andare via, siamo tutti pronti a voltare pagina”, e dicevo sul serio. Eppure anche adesso, mentre scrivo, mi ritrovo a dover ingoiare le lacrime.

Era tutto chiaro
È una parte così importante della vita dei tuoi figli e del tuo essere genitore. Quando hanno cominciato ad andare a scuola ho stretto nuove amicizie quando lo facevano loro. Ci sono alcune mamme che ho incontrato il primo giorno con le quali continuo a vedermi ancora adesso, per prendere un tè e perché ci stiamo simpatiche.

All’epoca pensavamo di avere tutto chiaro, tutto sotto controllo. Avremmo fatto un ottimo lavoro: li avremmo aiutati a imparare a leggere, ci saremmo offerte volontarie per andare al museo, saremmo andate ai concerti, avremmo seguito gli esercizi di pianoforte, li avremmo tormentati con il ripasso mentre preparavamo merende nutrienti, li avremmo mandati a letto a un orario giusto, avremmo limitato il tempo davanti a uno schermo, avremmo sottolineato l’importanza della colazione, e alla fine sarebbe andato tutto bene, alla perfezione. Era tutto chiaro.

Siamo tutti sconvolti da come i nostri figli siano diventati imprevedibili

Poi la vita ha cominciato a scorrere e il tempo a passare. Tutti quei bambini malleabili hanno tirato fuori personalità non così tanto malleabili, preferenze e antipatie, e problemi che sembravano spuntare dal nulla. A un certo punto abbiamo cominciato a perdere il controllo delle cose e a capire che per la maggior parte del tempo improvvisavamo, e che la cosa migliore che potessimo fare era fare del nostro meglio.

L’irreggimentazione degli anni scolastici ci dà la sensazione di avere tutto sotto controllo. Adesso quando incontro gli altri genitori parliamo della contrapposizione tra natura ed educazione e di come siano cambiate le nostre opinioni su questo argomento da quando siamo stati privati delle illusioni che nutrivamo sulla portata della nostra influenza.

Dalla stessa parte del mondo
So che tutto quello che fai da genitore ha un effetto e che nessun atto di gentilezza va mai sprecato, ma siamo tutti sconvolti da come i nostri figli siano diventati imprevedibili e da come, dopo aver messo in moto il motore, la macchina abbia cominciato a procedere a un’andatura folle, senza che noi riuscissimo mai a tenere le mani davvero salde sul volante.

È andato tutto più o meno bene. Ci sono stati dossi e graffi, o veri e propri incidenti, ma siamo ancora tutti qui, e continuiamo a fare del nostro meglio. Un po’ meno presuntuosi, un po’ più severi con noi stessi e con il nostro ruolo, a volte rammaricati, a volte dispiaciuti. E la fine della scuola è un po’ come ammettere che d’ora in avanti loro si collocano nella nostra stessa parte di mondo, il mondo degli adulti, nel bene e nel male.

Mi mancheranno però quei giorni pieni di energia e innocenza di quando tutto è cominciato

Avranno più libertà ma anche più responsabilità, dovranno prendere decisioni più difficili. Ho detto a quell’insegnante che ero pronta a voltare pagina, e in larga misura è vero. Non mi importa di non dover leggere un’altra pagella scolastica che fatica a trovare qualcosa da dire di un bambino che è più o meno nella media in geografia. Non mi mancherà dover ascoltare i figli degli altri suonare il fagotto. Non mi mancheranno gli esami.

Mi mancheranno però quei giorni pieni di energia e innocenza di quando tutto è iniziato. Quelle uniformi enormi che avevano la forma del bambino che ci sarebbe cresciuto dentro. I progetti di arte, tutti pieni di glitter e colla, rotoli di carta igienica e cartapesta. Il tuo sguardo quando mi vedevi all’uscita.

E mi mancherà qualcosa della routine. La mia giornata sarà un po’ più priva di forma adesso. Dovrò fare uno sforzo per dargliene un’altra, per mantenere un po’ di disciplina.

O forse non lo farò! Forse questo è il mio momento per ribellarmi, accorciare la gonna, accendermi una sigaretta, imbrattarmi un po’ con l’eyeliner, strappare i compiti e mostrare il dito a tutto e a tutti. La scuola è finita!

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Statesman.

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