18 settembre 2014 09:00

Capiamo il presente se ricordiamo il passato. Per capire il caso di Najat Vallaud-Belkacem, lo storico Emmanuel Debono risale a quando nel 1936 Léon Blum, socialista a capo del Fronte popolare, si presentò in parlamento per chiedere la fiducia e si sentì accusare da destra non per il suo programma o le sue idee, ma perché sarebbe stato ebreo, il primo capo ebreo del governo di “questo antico paese gallo-romano”, cioè la Francia.

Allora a caldo il presidente della Lega internazionale contro l’antisemitismo, Bernard Lecache, scrisse che qualificare una persona per la sua origine significava “mettersi sulla strada di Norimberga”, la città già da anni sede delle adunate nazionali del Partito nazionalsocialista di Adolf Hitler. Najat Vallaud-Belkacem è stata nominata il 3 settembre nuova ministra dell’

éducation nationale nel governo di Manuel Valls.

Da destra si sono scatenati gli attacchi. Per carità, non perché sia socialista, non per la sua idea di eguaglianza fondata sulla riconoscibilità e accettazione di identità diverse, anche sessuali. E nemmeno perché ha affidato mesi fa quest’idea a un ABCD de l’égalité rivolto a insegnanti di scuole dell’infanzia ed elementari. Di ciò si tace. E invece si mostra una sua foto di donna molto attraente e il blogghiere si chiede: “Che atout ha usato Najat per diventare ministra?”, lei che è figlia di una famiglia povera, lei che è immigrata, musulmana, marocchina: lei a capo della scuola del paese gallo-romano! C’è ancora traffico sulla strada per Norimberga.

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